GLI “SPECIFICI RUOLI OPERATIVI” DEL SOCIO PRIVATO E LA REMUNERAZIONE

 

Prof. Avv. Carlo Malinconico
Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università Tor Vergata di Roma

Sommario 1. L’esatto oggetto della gara a “doppio oggetto”. – 2. Servizio pubblico locale conferito alla società mista e specifici compiti operativi del socio privato. – 3. Compiti operativi e responsabilità gestionali. – 4. Le forme di remunerazione dell’investimento privato nella società a capitale misto affidataria di servizi pubblici locali.

 

1.         L’esatto oggetto della gara a “doppio oggetto”.

1.1       La scelta delle forme di gestione ed affidamento del servizio pubblico deve informarsi – nel rispetto della disciplina sulla concorrenza – a valutazioni d’efficienza, efficacia ed economicità che ciascuna organizzazione pubblica deve esprimere con riferimento ai proposti standard di qualità che intende offrire agli utenti.

E’ in tale prospettiva che devono leggersi gli interventi del legislatore volti a disciplinare le modalità di affidamento dei servizi pubblici.

Assume rilievo, a tal fine, il disposto dell’articolo 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito in legge 20 novembre 2009, n. 166, che ha proceduto ad integrare e modificare la disciplina previgente in materia di servizi pubblici locali, prevista ex articolo 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Infatti, il testo novellato del comma 2 dell’articolo 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 prevede che il conferimento in via ordinaria della gestione dei servizi pubblici locali avviene:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento”.

1.2       Tale recente codificazione della “gara a doppio oggetto” costituisce il recepimento dei numerosi interventi giurisprudenziali nazionali (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 3 marzo 2008, n. 1; Cons. Stato, Sezione V, 23 ottobre 2007, n. 5587; parere del Consiglio di Stato, 18 aprile 2007, n. 456) che, a partire dai principi enucleati in sede comunitaria (sentenze Teckal, 18 novembre 1999, Standt Halle, 11 gennaio 2005), hanno specificato la necessità di espletare una gara che avesse ad oggetto sia la scelta del socio che il servizio, a fronte dell’indizione di una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del socio prima, e di successive gare per l’affidamento dei servizi di volta in volta occorrenti e al fine di evitare che la società mista diventasse un mero contenitore che di volta in volta risultasse destinataria di affidamenti ulteriori rispetto a quelli banditi in sede di costituzione della società con il soggetto privato, ma che allo stesso tempo non fosse necessario moltiplicare le procedure concorsuali per l’affidamento del servizio pubblico.

Anche l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, chiamata a rendere un parere sulle società a capitale misto pubblico privato, specificava come il tema della scelta del socio privato nelle società a capitale misto avesse assunto una “notevole criticità dal punto di vista concorrenziale, posizionandosi in uno spazio ricompreso tra le due ipotesi, simmetricamente opposte, dell’esperimento di una gara con procedura ad evidenza pubblica per l’assegnazione del solo servizio, da un lato, e l’affidamento diretto secondo modalità in house, dall’altro (parere dell’AGCM n. AS538, pubblicato sul bollettino dell’Autorità, n. 22 del 22 giugno 2009). 

Le “determinate condizioni” cui l’Autorità si riferiva – e che rendono la società mista esente da contestazioni circa la sua sottoposizione alle regole della concorrenza – sono costituite dal ricorso alle procedure competitive ad evidenza pubblica, che abbiano ad oggetto, al tempo stesso, “la scelta del socio privato”, “lo stesso affidamento dell’attività da svolgere”, nonché la limitazione, nel tempo, del “rapporto di partenariato, prevedendo allo scadere una nuova gara” (in tal senso, anche Cons. Stato, parere 18 aprile 2007, n. 456).

1.3       La gara quale strumento di garanzia della concorrenza, pertanto, richiede alcune condizioni necessarie al fine di evitare surrettizie operazioni di elusione della normativa comunitaria attraverso la costituzione di società miste, nello specifico:

1) che esista una norma di legge che autorizzi l’amministrazione ad avvalersi di tale strumento;

2) che il partner privato sia scelto con gara;

3) che l’attività della costituenda società mista sia resa, almeno in via prevalente, in favore dell’autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima;

4) che la gara (unica) per la scelta del partner e l’affidamento dei servizi definisca esattamente l’oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi <<determinati>>);

5) che la selezione della offerta migliore sia rapportata non alla solidità finanziaria dell’offerente, ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto;

6) che il rapporto instaurando abbia durata predeterminata” (Cons. Stato, Sezione VI, 16 marzo 2009, n. 1555).

Il requisito di cui maggiormente dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto doveroso sottolinearne la necessarietà – e che deve essere rispettato in sede di redazione del bando di gara – è, ovviamente, il palesare con chiarezza l’oggetto sociale “definendo nello specifico le concrete operazioni che l’impresa comune dovrà svolgere attraverso l’opera del socio privato”, al fine di “scongiurare il ben noto fenomeno delle società cd. aperte, destinatarie di affidamenti ulteriori rispetto a quelli banditi in sede di costituzione del soggetto partecipato” (in dottrina, cfr. Perduranti profili di incertezza sul ricorso all’in house providing ed alle società miste anche alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, Ivan Del Giudice, in Foro Amministrativo T.A.R., n. 5, maggio 2008).

Infatti, le attività rimesse al socio operatore devono essere esclusivamente quelle indicate nel bando, poiché soltanto in questo modo è possibile qualificare l’operazione quale affidamento con gara delle prestazioni sociali; diversamente, si aprirebbe la strada ad illegittime forme di sub-affidamenti, con frammentazioni dell’appalto originario in singoli segmenti dell’attività, trasferiti dalla società mista al mercato senza alcuna pubblica selezione.

1.4       Sul punto, la giurisprudenza ha dapprima ritenuto che, ove si è intenso affidare ulteriori servizi ad una compagine mista già costituita, è necessario bandire un’ulteriore procedura di gara per l’affidamento dei servizi ulteriori rispetto alla missione originaria, non potendosi considerare ammissibile una società mista <<aperta>> o <<generalista>> cui affidare, in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di servizi pubblici (cfr. Cons. Stato, Sezione V, 13 febbraio 2009, n. 824, Cons. Stato, Sezione VI, 23 settembre 2008, n. 4603).

Tuttavia, il Consiglio di Stato è intervenuto nuovamente sul punto per evidenziare l’ammissibilità della previsione nella lex specialis di gara dell’affidamento eventuale di servizi ulteriori, aggiuntivi e complementari, in considerazione del fatto che la durata del rapporto e la complessità a monte delle funzioni affidate alla società mista non escludono che si possa prevedere (in misura ridotta, ovviamente, rispetto ai compiti necessariamente affidati) l’eventualità che altri compiti le vengano assegnati, senza che, per ciò solo, si sfoci nella inammissibile forma di una società <<generalista>>, affermando il concetto, invece che di <<determinazione del servizio>>, di <<determinabilità>> del medesimo (Cons. Stato, Sezione VI, 16 marzo 2009, n. 1555).

In altri termini, tale decisione è chiara nell’evidenziare che il partenariato di cui è espressione la società mista deve essere in grado di adattarsi ad alcune variazioni intervenute nel contesto economico, giuridico o tecnico di riferimento: così, qualora l’autorità aggiudicatrice desideri, per ragioni precise, avere la possibilità di modificare determinate condizioni dell’appalto dopo la scelta del socio privato, lo potrà fare purché abbia espressamente previsto tale eventualità negli atti di gara, delimitando l’ambito entro cui la procedura deve svolgersi, in maniera tale che tutte le imprese interessate ne siano a conoscenza fin dall’inizio e si trovino, pertanto, in una posizione di parità nella formulazione delle proprie offerte (in dottrina, cfr. L’utilizzabilità delle società a capitale misto pubblico-privato per la gestione di servizi pubblici, tra precisazioni in ordine agli specifici requisiti legittimanti e residue necessità di chiarimenti, Remo Morzenti Pellegrini in Foro Amministrativo C.D.S., n. 3, marzo 2009).

Del resto, tale interpretazione appare anche maggiormente aderente al dato normativo, atteso che il comma 6 dell’articolo 23-bis cit., come novellato, prevede la possibilità di affidare simultaneamente con gara di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell’affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore”.

2.         Servizio pubblico locale conferito alla società mista e specifici compiti operativi del socio privato.

2.1       Requisito ulteriore, atto a garantire il mantenimento del corretto equilibrio del mercato concorrenziale, è costituito dalla circostanza per cui la selezione della offerta migliore sia rapportata, non solo e non tanto alla solidità finanziaria dell’offerente, ma anche alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto.

A tal fine, è utile evidenziare che l’articolo 3, comma 4, del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, recante “Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112”, ha previsto che, in materia di servizi pubblici locali, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, “la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:

a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2;

c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione”.

La dizione letterale della lettera b) riprende il dettato dell’articolo 23-bis, sucitato, con precipuo riferimento all’attribuzione di “specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio”.

2.2       Sul punto, v’è da chiedersi se la previsione dei compiti operativi possa esser connessa con la percentuale di partecipazione azionaria del socio privato (che l’articolo 23-bis novellato fissa nella misura non inferiore al 40%) – nel senso di frapporre limiti a che la partecipazione privata si attesti su percentuali ben superiori a detta soglia – ovvero se la percentuale minima ha il fine di garantire una certa consistenza del socio operativo tale da assicurare e soddisfare il requisito della consistenza ed efficienza del proprio ruolo operativo.

Il dato letterale della legge potrebbe indurre a ritenere che la partecipazione azionaria del partner privato non incontri alcun limite massimo; pertanto, sarebbe rimesso a valutazioni delle singole amministrazioni la decisione di attribuire al socio privato i soli compiti operativi, escludendo che la sua partecipazione possa assumere dimensioni tali da garantire allo stesso il controllo della società.

In questi termini, si rimarcherebbe una certa diversità tra il modello assunto dal legislatore italiano e quello che parrebbe declinato nel parere del Consiglio di Stato (18 aprile 2007, n. 456), dove l’istituto della società mista è concepito in termini di strumento di controllo interno alla compagine societaria da parte del socio pubblico, ed a tenore del quale si dovrebbe affermare che il ruolo del socio privato debba rimanere solo operativo, nel senso che la partecipazione dello stesso al capitale andrebbe confinata solo ed esclusivamente all’apporto operativo di organizzazione, tecnologia e know-how e che la stessa non possa e debba trasformarsi in posizione di controllo da parte del socio privato. Ne discende, “ragionando in questi termini, che – impregiudicato il tema dell’attitudine dei patti parasociali ad incidere sui meccanismi di controllo societario a prescindere dalle quote di partecipazione detenuta dai singoli soci – la percentuale della consistenza azionaria del privato non dovrebbe superare una soglia tale da rendere la posizione del socio non più solo operativa ma anche di controllo.

Tuttavia, la specificazione dei compiti operativi si offre anche ad altra soluzione ermeneutica, che meglio coordinerebbe la norma con le indicazioni comunitarie e della giurisprudenza nazionale. In una battuta, l’intento del legislatore potrebbe essere ricercato nella volontà di escludere l’ammissibilità all’interno della società mista di un socio <<generalista>>, ovverosia di partecipazioni meramente finanziarie. Tale esegesi dovrebbe, conseguentemente, portare a ritenere che il socio operativo non potrebbe assumere all’interno della società una posizione tale da comportare la perdita del controllo da parte del socio pubblico” (La disciplina dei servizi pubblici locali alla luce del D.L. 135/2009, Biagio Giliberti, Luca Raffaello Perfetti, Ilaria Rizzo, in Urbanistica e appalti, n. 3 del 2010).

La conclusione del G.A., invero, risulta confermata anche da un’interpretazione di natura sistematica dell’articolo 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Infatti, se il socio acquistasse un peso tale da controllare la compagine societaria, potrebbe dubitarsi della legittimità della scelta operata dall’Amministrazione di ricorrere quale modello di gestione del servizio pubblico ad una società mista, anzichè, più correttamente, ad un’impresa privata ai sensi della lettera a) dell’articolo 23-bis.

2.3       In effetti, e come posto in rilievo dall’AVCP, il modello di società mista rispetta i principi comunitari quando il partner privato è un socio operativo, e ciò in stretta aderenza con l’interpretazione letterale del comma 3 dell’articolo 32 del Codice dei contratti che prevede per le società miste una deroga all’applicazione del Codice, limitatamente alla realizzazione delle opere o del servizio per i quali le stesse sono state appositamente costituite, a condizione che: 1) il socio sia stato scelto con gara; 2) il socio privato abbia i requisiti di qualificazione previsti; 3) la società provveda in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio in misura superiore al 70% del relativo importo.

Pertanto, “per coerenza con tale modello comunitario di società mista si dovrebbe ritenere che l’articolo 32, comma 3 del Codice per <<esecuzione in via diretta>> intenda realizzazione dell’attività da parte del socio privato” (Segnalazione al Governo ed al Parlamento dell’AVCP del 26 novembre 2008).

E tale conclusione è confermata dal disposto del comma 2, dell’articolo 6, del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, che prevede l’applicazione del disposto dell’articolo 32, comma 3, del Codice, a condizione che la scelta del socio privato avvenga secondo quanto previsto dall’articolo 23-bis, comma 2, lettera b) – ovvero che la sua selezione sia effettuata mediante procedure competitive ad evidenza pubblica.

3.         Compiti operativi e responsabilità gestionali.

3.1       Per quanto attiene più specificamente ai compiti operativi ed alle connesse responsabilità gestionali del socio privato, essi vanno analizzati con riferimento al contenuto del bando di gara che deve – si ricorda – precisare il particolare know-how richiesto al socio “operatore” e, correlativamente, definire il tipo di società, nonché, soprattutto, il contenuto dei patti parasociali che regolano i poteri gestori ed operativi del socio e le relative clausole di exit.

Ciò è corroborato dalle specificazioni che la Commissione europea ha effettuato in tema di Partenariati Pubblici – Privati Istituzionalizzati.

Infatti, è stato precisato che l’amministrazione aggiudicatrice deve includere “nel bando di gara o nel capitolato d’oneri informazioni di base sull’appalto pubblico o sulla concessione da aggiudicare all’entità a capitale misto che dovrà essere costituita, sullo statuto di tale entità, sul patto tra gli azionisti e su tutti gli altri elementi che regolano, da un lato, il rapporto contrattuale tra l’amministrazione aggiudicatrice e il partner privato e, dall’altro, il rapporto tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’entità a capitale misto da costituire” (Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati – PPPI – 2008/C 91/02).

Sicuramente a prescindere dalla quota – comunque non inferiore al 40% – che il socio privato dovrà sottoscrivere per partecipare alla costituenda società, può trovare applicazione il disposto dell’articolo 2449 c.c. relativamente alla possibilità, in caso di società che non fanno ricorso al capitale di rischio, che lo statuto possa conferire all’ente pubblico “la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale”, con ciò sottolineando il mantenimento, in capo all’ente pubblico, del controllo finale sull’attività che la società è chiamata a svolgere.

Alle società che fanno ricorso al capitale di rischio, si applicano, invece, le disposizioni del sesto comma dell’articolo 2346 c.c. che prevede “la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione”.

3.2       Da tali disposizioni è evidente che le prestazioni che il socio operativo – socio d’opera – dovrà effettuare a favore della società devono essere predeterminate nell’atto costitutivo (articolo 2295, comma 1, n. 7, c.c.) e nel contratto di società (articolo 2247 c.c.), ovvero in un contratto di servizio stipulato all’atto della costituzione della società, ovvero all’atto dell’approvazione del master plan che ne definisce gli obiettivi gestionali, al fine di circoscrivere l’oggetto dell’attività che è chiamato a svolgere.

3.3       Tale delimitazione rileva sotto un duplice profilo.

In primo luogo, sul versante dei poteri del socio, in quanto la società potrebbe deliberare di correlare alla prestazione d’opera diritti amministrativi o patrimoniali, nuovi ed ulteriori rispetto a quelli già detenuti dal socio in virtù della sua partecipazione azionaria.

In secondo luogo, relativamente alla responsabilità in cui il socio incorre in caso di inadempimento dei compiti assegnatigli.

Ed invero, in tema di responsabilità del debitore, principio generale, sancito dall’articolo 1218 c.c., è che il “debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

In ambito societario, tale principio viene ripreso e specificato dall’articolo 2286 c.c. che sanziona le gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale con l’esclusione dalla società, e precisa che il socio che ha conferito nella società la propria opera può, altresì, essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita.

Alla luce di quanto sopra, risulta innegabile la necessità che nello statuto, nel contratto societario e nel contratto di servizio vengano delimitati i compiti assegnati al socio operatore sia per determinare il suo spazio di manovra, che per circoscrivere l’alea della responsabilità che si troverà a fronteggiare il caso di inadempimento.

4. Le forme di remunerazione dell’investimento privato nella società a capitale misto affidataria di servizi pubblici locali.

4.1       La Commissione europea, nel definire i PPPI, ha avuto modo di specificare che “il periodo durante il quale il partner privato assumerà l’esecuzione di un’opera o di un servizio deve essere fissato in funzione della necessità di garantire l’equilibrio economico e finanziario di un progetto. In particolare, la durata della relazione di partenariato deve essere fissata in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza al di là di quanto sia necessario per garantire l’ammortamento degli investimenti ed una ragionevole rendita dei capitali investiti. Una durata eccessiva sarebbe infatti in contrasto con i principi che disciplinano il mercato interno (…) o con le disposizioni del Trattato in materia di concorrenza” (Libro verde relativo ai partenariati pubblico privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni della Commissione europea, n. 327 del 2004).

Successivamente, anche il Parlamento europeo, nel sottolineare la necessità di limitare la durata delle concessioni, ha precisato come tale lasso di tempo sia condizionato “dalla durata di ammortamento dell’investimento privato, affinché i candidati non siano esclusi troppo a lungo dalla concorrenza” e che “la durata delle relazioni di partenariato debba essere definita in maniera tale che la libera concorrenza sia in linea di massima limitata solo se necessario per garantire l’ammortamento degli investimenti, una remunerazione appropriata del capitale investito e il rifinanziamento di futuri investimenti” (Risoluzione del Parlamento europeo sui partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, 2006/2043 – INI).

Pertanto, correttamente l’articolo 10 del D.P.R. 7 settembre, n. 168, ha previsto che “alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera f), dall’ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami.

Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, nonché restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento.

L’importo di cui al comma 2 è indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione”.

4.2       Per quanto concerne la remunerazione, è bene distinguere tra quella dell’investimento privato, e quindi del diritto agli utili proprio dell’azionista, da quella che il socio privato apporta quale prestatore d’opera.

Sotto il primo profilo, l’investimento è ripagato pro quota dagli utili societari che derivano, ovviamente in larga parte, anche dalla tariffa versata dagli utenti per usufruire del servizio che la società mista offre.

Generalmente, i criteri per il calcolo della tariffa sono:

a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare l’integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico – finanziario;

b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti e il capitale investito;

c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;

d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni del mercato.

La tariffa, che costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici, è determinata ed adeguata ogni anno dai soggetti proprietari mediante contratti di programma di durata pluriennale.

Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni o per effetto del modello organizzativo di società mista che rileva in specie la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.

E’ necessario che tali servizi, per le ragioni anzidette, siano stati quanto più possibile specificati in sede di gara.

Infine, allo scadere del termine previsto dal contratto societario, il nuovo gestore – subentrante tramite nuova gara ad evidenza pubblica – dovrà acquistare la quota del socio uscente, così ripagando l’investimento ex post.

Giova sottolineare che tale meccanismo dovrebbe costituire un incentivo affinché il socio privato agisca con metodo economico – quindi, perseguendo gli utili della società di cui fa parte – di modo da determinare una crescita societaria tale da incrementare anche la sua quota che verrà così acquistata verso il corrispettivo di un prezzo superiore rispetto all’investimento iniziale effettuato.

Per quanto attiene il profilo della remunerazione del socio privato in quanto prestatore d’opera, essa è costituita dal corrispettivo che la società si obbligherà a versare quale compenso per l’opera ed i servi resi.