Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 dicembre 2010, n. 9306

 

1. Commercio ed industria – Abuso di posizione dominante – Concorso formale di illeciti – Divieto del ne bis in idem – Non sussiste.

 

2. Commercio ed industria – Abuso di posizione dominante – Diminuzione della sanzione –  In difetto degli elementi di sistematicità e reiterazione delle condotte abusive, di consapevole sottrazione al controllo dell’Autorità di regolamentazione e di recidiva – E’ ammessa.

 

N. 09306/2010 REG. DEC.

N. 06459/2007 REG. RIC.

N. 06635/2007 REG. RIC.

N. 06915/2007 REG. RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi:
1) n. 6459 del 2007, proposto da ENI s.p.a.;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato;

nei confronti di

Edison s.p.a., Gas Intensive s.c.a.r.l., Trans Tunisian Pipeline Company Ltd., non costituite nel presente appello;
Codacons;

 

2) n. 6635 del 2007, proposto da Trans Tunisian Pipeline Company Ltd.;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, non costituita nel presente appello;

nei confronti di

Edison s.p.a. (già Edison Gas s.p.a.), Eni s.p.a., Gas Intensive s.c.a.r.l., non costituite nel presente appello;
Codacons;

 

3) n. 6915 del 2007, proposto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

contro

Eni s.p.a.;

Trans Tunisian Pipeline Company;

nei confronti di

Edison s.p.a., Gas Intensive s.c.a.r.l., non costituita nel presente appello;
Codacons;

tutti e tre per la riforma

della sentenza del T.a.r. del Lazio – Roma, sezione I, n. 2798/2007, resa tra le parti, concernente SANZIONE PECUNIARIA PER ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2010 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Siragusa, Clarizia, D’Ostuni, Rizza, Satta, Lattanzi, Ramadori (per delega dell’avv. Rienzi) e l’avvocato dello Stato Arena;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I fatti e il provvedimento sanzionatorio

1. ENI s.p.a. (di seguito ENI) svolge, attraverso numerose società controllate, attività nei settori del petrolio, del gas naturale, della petrolchimica, della finanza, dell’ingegneria e dei servizi. In particolare, nel settore del gas naturale, ENI, tramite la propria Divisione ENI Gas and Power, opera nell’attività di approvvigionamento di gas dall’estero e nella vendita all’ingrosso ed al dettaglio in Italia; tramite la società Italgas s.p.a., opera nelle attività di distribuzione di gas. ENI opera anche nell’attività di trasporto nazionale di gas attraverso la società Snam Rete Gas s.p.a. (posseduta al 50%), nell’attività di stoccaggio sotterraneo tramite la società Stogit s.p.a. (posseduta al 100%) e nell’attività di gestione di infrastrutture di rigassificazione di Gas Naturale Liquefatto (GNL), tramite la società GNL Italia s.p.a. (interamente controllata da Snam Rete Gas s.p.a.).

ENI, inoltre, è attiva nel settore delle infrastrutture di trasporto internazionale di gas, tramite partecipazioni dirette nel capitale sociale e/o tramite la detenzione di diritti di transito a valere sulla capacità di trasporto installata.

Per quanto rileva per i fatti di causa, ENI detiene il 100% del capitale della società Trans Tunisian Pipeline Company Ltd (di seguito, TTPC), titolare in via esclusiva, fino al 2019, dei diritti di trasporto sul gasdotto che attraversa il territorio tunisino dalla località di Oued Saf Saf, alla frontiera con l’Algeria, fino alla località di Cap Bon, sul Canale di Sicilia, ed utilizzato per l’importazione in Italia di gas algerino (il gasdotto è di proprietà della società tunisina Sotugat). Quanto, invece, al gasdotto sottomarino che collega Cap Bon a Mazara del Vallo, esso è posseduto dalla società Trans Mediterranean Pipeline Company Ltd (di seguito, TMPC), società partecipata al 50% da ENI e al 50% dal fornitore algerino di gas naturale Sonatrach.

2. Il procedimento antitrust trae origine da una vicenda risalente al 2002, anno in cui TTPC decideva di procedere ad un potenziamento della capacità di trasporto del gasdotto tunisino. Il potenziamento avrebbe garantito, a partire dal marzo 2007 e fino al 2019, l’ingresso sul territorio italiano di un volume aggiuntivo di gas pari a 6,5 miliardi di metri cubi di gas l’anno. A seguito della decisione di procedere al programmato potenziamento, pertanto, durante il 2002, TTPC ha avviato una procedura di allocazione della nuova capacità (c.d. “capacità addizionale”), a conclusione della quale, a fine marzo 2003, TTPC ha sottoscritto contratti di trasporto ship or pay con i sette shippers risultati aggiudicatari. Si trattava delle società Edison, CIG, Bridas Energy International s.p.a. (di seguito Bridas), World Energy SA (di seguito Worldenergy), EGL, ICD intercommercial dialogue Ltd, TPE trading per l’energia s.r.l.

I suddetti contratti erano subordinati al verificarsi delle seguenti condizioni sospensive, da realizzarsi entro il 30 giugno 2003 (cfr. art. 2, co. 1, dei sette contratti sottoscritti da TTPC e gli shippers):

a) ottenimento, da parte di ogni shipper, dell’approvazione, da parte dello Stato tunisino, del contratto di trasporto, dell’entità dell’eventuale prelievo fiscale, e di eventuali altre autorizzazioni richieste dallo Stato tunisino, e consegna a TTPC da parte dello shipper di documentazione comprovante l’ottenimento delle predette approvazioni ed autorizzazioni;

b) rilascio, a cura dello shipper, a TTPC della garanzia bancaria richiesta;

c) ottenimento dell’autorizzazione all’importazione da parte dello Stato italiano, prevista dall’art. 3, d.lgs. 23 maggio 2000 n. 164;

d) notifica, da parte di ogni shipper, dell’avvenuto accordo con la società TMPC per il trasporto del gas sul gasdotto sottomarino tra Tunisia e Sicilia;

e) contestuale entrata in vigore di tutti gli altri contratti di trasporto relativi alla capacità addizionale, cioè alla capacità di trasporto che sarebbe stata resa disponibile a terzi a seguito del potenziamento del gasdotto tunisino, e pari a 6,5 miliardi di mc. annui.

Successivamente, per tre delle sette imprese non si verificava la terza condizione sospensiva.

La trattativa proseguiva con le altre quattro società: Edison, CIG, Bridas e Worldenergy.

Con una lettera inviata il 24 giugno 2003 ai quattro shippers aggiudicatari di nuova capacità, TTPC proponeva di posporre dal 30 giugno 2003 al 30 ottobre 2003 il termine di scadenza di alcune delle condizioni sospensive cui era sottoposta la validità dei contratti ship or pay sottoscritti il 31 marzo 2003. In particolare, si trattava delle condizioni sospensive di cui all’art. 2, co. 1, lett. b), (rilascio, a cura dell’assegnatario, a TTPC della garanzia bancaria richiesta); e lett. d) (notifica, da parte dell’assegnatario, dell’accordo con TMPC per il transito sul gasdotto sottomarino).

Nella medesima lettera del 24 giugno TTPC precisava che tale decisione seguiva ad una comunicazione ricevuta da parte di ENI s.p.a. in merito a talune sopravvenute circostanze relative al mercato italiano tali da incidere sulla procedura di allocazione di capacità addizionale.

A seguito dell’invio di documentazione giudicata da TTPC insufficiente a comprovare l’avvenuta autorizzazione dallo Stato tunisino, in data 7 luglio 2003, TTPC inviava agli shippers una comunicazione con la quale rinviava al 30 ottobre anche il termine di scadenza della condizione sospensiva di cui all’art. 2, co. 1 lett. a), del contratto, relativa all’ottenimento dell’autorizzazione da parte dello Stato tunisino.

In data 3 novembre 2003, TTPC comunicava agli shippers che «(…) alla data del 30 ottobre 2003 le condizioni sospensive attinenti al contratto in oggetto non ci risultano avverate». Di conseguenza, TTPC riteneva risolti di diritto i contratti ship or pay sottoscritti con i quattro shippers a fine marzo 2003.

3. Il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi: AGCM o Autorità) n. 15174/2006 irroga solo nei confronti di ENI una sanzione pecuniaria di 290 milioni di euro, ritenendo che la condotta posta in essere da ENI, tramite la propria controllata TTTPC, consistente nell’aver interrotto la procedura di potenziamento del gasdotto tunisino, da tempo avviata, per la quale erano già stati firmati contratti di trasporto ship or pay con alcuni shippers, con l’obiettivo di mantenere i volumi venduti sul mercato dell’approvvigionamento all’ingrosso di gas naturale, costituisce una violazione grave dell’articolo 82 del Trattato di Roma.

Il provvedimento, oltre a irrogare la sanzione, ordina a ENI di porre termine ai comportamenti distorsivi della concorrenza, procedendo all’allocazione di capacità di trasporto addizionale sul gasdotto tunisino per 6,5 miliardi di metri cubi annui di gas.

 

Le vicende anteriori ai fatti di causa

4. Per la comprensione della vicenda in cui si inserisce tale provvedimento, dei fatti di causa e relative censure, occorre ricostruire i fatti che hanno preceduto il provvedimento per cui è processo.

Con un primo provvedimento (21 novembre 2002 n. 11421), l’AGCM contestava un abuso di posizione dominante ad ENI s.p.a., in relazione a vendite all’estero ad operatori italiani di volumi di gas provenienti dai propri contratti take or pay.

Con tale provvedimento l’AGCM irrogava ad ENI una sanzione meramente simbolica di mille euro e chiedeva ad ENI di presentare entro novanta giorni una relazione contenente misure idonee ad eliminare l’infrazione accertata.

ENI inizialmente indicava tra le misure che avrebbe adottato il potenziamento del gasdotto tunisino, ma in corso di procedimento orientava la sua scelta su diverse misure di ottemperanza, adducendo difficoltà sopravvenute in ordine al potenziamento di detto gasdotto, a causa di una previsione di oversupply sul mercato del gas italiano.

L’Autorità avviava il procedimento A329B e, a chiusura di esso, con provvedimento 7 ottobre 2004 n. 13644, riteneva che solo le misure presentate da ENI il 26 aprile 2004 erano risultate idonee a porre fine, con la loro attuazione avvenuta in data 17 settembre 2004, all’infrazione accertata, e che pertanto ENI era rimasta inottemperante alla delibera del 21 novembre 2002, fino alla data del 17 settembre 2004, a causa del proprio comportamento non univoco e dilatorio che ha determinato un ritardo nella presentazione e nell’attuazione di misure idonee a rimuovere l’infrazione.

Valutava l’inottemperanza come grave, e per l’effetto irrogava una sanzione di euro 4.500.000.

Con provvedimento n. 13986 reso nell’adunanza del 27 gennaio 2005 l’AGCM ha avviato il procedimento A358, conclusosi con il provvedimento sanzionatorio per cui è processo.

In tale terzo procedimento sanzionatorio viene specificamente presa in considerazione la vicenda relativa al mancato potenziamento del gasdotto tunisino facente capo a TTPC, già venuta in considerazione nel corso del procedimento A329B, che viene imputato a un nuovo abuso di posizione dominante finalizzato ad impedire l’ingresso di operatori concorrenti sul mercato italiano della vendita di gas.

DIRITTO

5. Riunione degli appelli

Preliminarmente va disposta la riunione dei tre appelli, perché proposti contro la medesima sentenza.

 

6. Ordine di esame dei motivi e degli appelli

La sentenza appellata (Tar Lazio – Roma, sez. I, 30 marzo 2007 n. 2798) ha accolto in parte, previa riunione, i ricorsi di primo grado proposti da ENI e da TTPC, società partecipata al 100% da ENI s.p.a., contro il provvedimento dell’AGCM 15 febbraio 2006 n. 15174, adottato a chiusura del procedimento A-358, avviato con il provvedimento 27 gennaio 2005 n. 13986.

L’appellata sentenza ha ritenuto corretta la ricostruzione dei fatti operata dal provvedimento 15 febbraio 2006 n. 15174, e la relativa affermazione di responsabilità. Ha tuttavia ritenuto non adeguatamente motivato il giudizio di “molto grave” dato in relazione all’illecito, e ha pertanto annullato la sanzione pecuniaria demandando all’AGCM la sua rideterminazione.

La sentenza ha formato oggetto di tre distinti appelli da parte di ENI, di TTPC e di AGCM.

Nell’ordine logico delle questioni vanno esaminate prima le questioni relative all’an dell’illecito e poi le questioni relative alla misura della sanzione.

Pertanto si seguirà il seguente ordine:

a) esame dei primi tre motivi dell’appello di ENI, che vertono sull’an dell’illecito;

b) esame dell’appello di TTPC, che solleva solo questioni sull’an dell’illecito, in quanto TTPC non è stata sanzionata;

c) esame congiunto del quarto motivo dell’appello di ENI e dell’unico motivo dell’appello dell’AGCM, che riguardano la misura della sanzione.

 

7. La questione del ne bis in idem

7.1. Con il primo motivo dell’appello di ENI, viene riproposto il primo motivo del ricorso di primo grado, e censurato il capo di sentenza del Tar che tale motivo ha respinto (da pag. 21 a pag. 43 dell’atto di appello).

7.2. Si lamentava in prime cure: violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 31, l. n. 287/1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e sviamento; violazione del principio del ne bis in idem, violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, assumendosi che la condotta di ENI era già stata sanzionata nel precedente procedimento A329B.

7.3. Il Tar con la sentenza in epigrafe ha escluso la violazione del bis in idem.

7.4. Parte appellante critica tale capo di sentenza osservando che il Tar si limiterebbe a ripetere pedissequamente il ragionamento dell’AGCM incorrendo nei medesimi vizi di illogicità e di travisamento.

8. Il mezzo è infondato.

8.1. Il divieto dibis in idem, è un principio generale, riconosciuto, in ambito penale, non solo a livello nazionale (art. 649 c.p.p.), ma anche a livello comunitario, c.d. ne bis in idem internazionale, in virtù dell’art. 54 della Convenzione applicativa dell’Accordo di Schengen (CAAS) (C. giust. CE, 28 settembre 2006 C-467/2004, punto 27).

Tale principio è pacificamente ritenuto estensibile agli illeciti amministrativi, segnatamente quelli contemplati dal diritto della concorrenza (Trib. CE, sez. I, 13 dicembre 2006, cause riunite T-217/03 e T-245/03, punto 340; C. giust. CE 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00, C-205/00, C-211/00, C-213/00, C-217/00, C-219/00, punto 338).

8.2. Il divieto di bis in idem non si applica quando con la stessa condotta vengono commessi più illeciti, ossia nel caso di concorso formale di illeciti (Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2009 n. 25141).

Nel concorso formale di illeciti, a fronte di un’unica condotta e di un unico soggetto agente, si hanno più lesioni, di diversi beni giuridici tutelati, e dunque, mancando l’identità di bene giuridico tutelato, non vi è bis in idem.

8.3. Sono condivisibili gli argomenti utilizzati prima dal provvedimento impugnato e poi dalla sentenza appellata per escludere la violazione del ne bis in idem.

Da un confronto del provvedimento 13644/2004 (nel procedimento A329B) e del provvedimento 15174/2006 (nel procedimento A358) emerge che il mancato potenziamento del gasdotto tunisino è stato vagliato sotto diverse prospettive e con diverse qualificazioni giuridiche.

Nel primo procedimento l’AGCM ha valutato la vicenda nel suo complesso e nel suo contorno, come condotta inidonea a rispettare gli impegni presi, e dunque come inottemperanza alla diffida, ma non ha valutato nel dettaglio i singoli atti e comportamenti della vicenda complessiva, e dunque non ha valutato se tale condotta integrasse o meno un autonomo abuso di posizione dominante.

Invece nel secondo procedimento sono stati esaminati nel dettaglio i singoli atti e comportamenti della complessiva vicenda, sotto il profilo della loro abusività in funzione anticoncorrenziale.

Pertanto la vicenda del mancato potenziamento del gasdotto tunisino dà luogo ad un concorso formale di illeciti, l’inottemperanza a precedente diffida dell’Autorità e l’autonomo illecito anticoncorrenziale, illeciti lesivi di diversi interessi giuridici tutelati, nel primo caso l’interesse al rispetto delle decisioni dell’AGCM, nel secondo caso l’interesse a che la concorrenza non sia ostacolata.

Tanto è comprovato anche dalla diversità di sanzione irrogata nei due procedimenti, nell’un caso per inosservanza della diffida, nell’altro caso per abuso di posizione dominante.

La diversità di interessi giuridici violati, ancorché con la medesima condotta e dal medesimo autore, induce ad escludere che vi sia completa identità tra le fattispecie e dunque bis in idem.

8.4. Neppure sussiste la lamentata contraddittorietà tra i due provvedimenti sotto il profilo della diversa valutazione della proroga dei termini delle condizioni sospensive apposte ai contratti intercorsi tra TTPC e gli shippers.

Infatti, nel procedimento di inottemperanza è stata fatta una valutazione complessiva della condotta elusiva e dilatoria, e sotto tale profilo è stato rilevato che la lunghezza dell’operazione relativa al potenziamento del gasdotto tunisino era inidonea a soddisfare la tempistica imposta con la diffida e dunque a soddisfare l’interesse giuridico alla tempestiva osservanza dei provvedimenti dell’AGCM. Nel procedimento successivo, la vicenda del mancato potenziamento del gasdotto tunisino è stata riguardata sotto il profilo del diverso interesse giuridico degli shippers a conseguire un risultato utile, e sotto tale profilo un maggior tempo per l’avverarsi delle condizioni sospensive sarebbe stato auspicabile nell’interesse degli shippers.

La diversità degli interessi giuridici sottesi ai due diversi illeciti commessi con un’unica condotta fa escludere ogni contraddittorietà della diversa valutazione compiuta nei due provvedimenti.

 

9. I motivi del ricorso di ENI in primo grado in ordine all’an dell’illecito antitrust, le pertinenti statuizioni del Tar, i motivi d’appello

9.1. Il secondo e terzo motivo di appello per la loro intima connessione vanno esaminati congiuntamente.

9.2. Con il secondo e con il terzo motivo di appello si ripropongono il secondo e il terzo motivo del ricorso di primo grado e si muovono motivate critiche al capo di sentenza che tale motivo ha disatteso, censure da intendersi qui interamente richiamate.

In sintesi, con il secondo e terzo motivo si lamenta: violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del Trattato CE; eccesso di potere per illogicità e perplessità; violazione di consolidati principi di diritto comunitario e nazionale della concorrenza in materia di accesso dei concorrenti ad un’infrastruttura controllata da un’impresa dominante verticalmente integrata; eccesso di potere per travisamento dei fatti e sviamento sotto altro profilo; violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sull’Autorità; l’Autorità non avrebbe provato l’interferenza di ENI nei rapporti contrattuali tra TTPC e i terzi.

 

10. Mercato rilevante, posizione dominante, abuso di posizione dominante, speciale responsabilità dell’incumbent

Il secondo e il terzo motivo dell’appello dell’ENI sono infondati.

10.1. Anche utilizzando gli strumenti del sindacato “forte” (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002 n. 2199, Rc Auto; Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926, buoni – pasto), la delimitazione del mercato rilevante operata dall’AGCM appare immune dalle censure mosse dall’appellante.

Il provvedimento impugnato considera mercato rilevante, su cui valutare la sussistenza di eventuali abusi, quello nazionale dell’approvvigionamento all’ingrosso di gas naturale, in quanto la condotta asseritamente escludente, volta a impedire a shippers terzi di importare gas naturale dall’Algeria, produce i suoi effetti su tale mercato.

Non è contestabile che sul mercato nazionale dell’approvvigionamento all’ingrosso di gas naturale ENI sia in posizione dominante, detenendo, all’epoca dei fatti, una quota di mercato tra il 60 e il 70%.

Inoltre ENI era all’epoca dei fatti in evidente posizione dominante nel mercato a monte dell’importazione di gas naturale, avuto riguardo all’importazione di gas naturale in Italia, come risulta con chiarezza dai paragrafi del provvedimento che descrivono in dettaglio la posizione di ENI con riguardo a tutti i punti di ingresso dall’estero in Italia di gas naturale. All’epoca dei fatti di causa ENI era in grado di controllare la gestione di tutti i punti di ingresso del gas in Italia, proveniente sia da Paesi arabi del Mediterraneo, sia dai Paesi del Nord Europa, sia proveniente dall’allora unico terminale di rigassificazione esistente in Italia, controllato dalla stessa ENI.

10.2. Quanto alla nozione di posizione dominante (Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2000 n. 1348, Italcementi; C. giust. CE, 14 febbraio 1978 C-27/76, United Brands; C. giust. CE, 13 febbraio 1979 C-85/76, Hoffmann – La Roche) e al relativo abuso (Cons. St., sez. VI, 19 luglio 2002 n. 4001, Coca Cola; C. giust. CE, 13 febbraio 1979 C-85/76, Hoffmann-Laroche; C. giust. CE, 3 luglio 1991 C-62/86, Akzo Chemie; C. giust. CE, 8 novembre 1983 cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ), premesso che la posizione dominante di ENI è ampiamente dimostrata, è sufficiente ricordare che dalla posizione dominante discende una “speciale responsabilità”, per cui l’impresa che la detiene non può ridurre o eliminare il grado di concorrenza ancora esistente sul mercato, con comportamenti “escludenti” (C. giust. CE, 21 febbraio 1973, C-6/72, Europemballage; C. giust. CE, 9 novembre 1983 C-322/81, N. V. Nederlandsche Banden-Industrie Michelin c. Commiss. CE; C. giust. CE, 3 luglio 1991 C-62/86, Akzo Chemie; C. giust. CE, 16 marzo 2000 C-395/96, Compagnie Maritime Belge; Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271); sono consentiti gli atti di tutela degli interessi commerciali dell’impresa dominante, ma non anche un comportamento che abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso (Trib. I grado CE, 7 ottobre 1999 T-228/97, Irish Sugar; Trib. I grado CE, 8 ottobre 1996 cause riunite T- 24/93, 25-93, 26/93, 28/93, Compagnie maritime belge e altri).

 

11.Irrilevanza delle questioni in tema infrastruttura essenziale. I doveri derivanti dalla speciale responsabilità

11.1. Per elementari ragioni di economia processuale si deve prescindere da tutte le questioni in tema di infrastruttura essenziale, atteso che l’Autorità non ha mai attribuito tale qualificazione al gasdotto tunisino e pertanto non ha contestato l’abuso sotto il profilo del rifiuto di accesso ad una essential facility.

11.2. Ciò che l’Autorità imputa a ENI non è la violazione dei doveri derivanti dal possesso di un’infrastruttura essenziale, ma l’elusione di impegni di accesso ad un’infrastruttura non essenziale volontariamente e contrattualmente assunti, elusione avvenuta mediante una complessa condotta che è stata resa possibile dalla posizione dominante.

Ove si consideri che il potenziamento dell’infrastruttura formava oggetto di un impegno che ENI aveva volontariamente assunto, e che ha poi volontariamente disatteso in danno della concorrenza, non vi è alcuna contraddizione nel provvedimento dell’AGCM, laddove da un lato esclude che si sia in presenza di un’infrastruttura essenziale, e dall’altro lato impone a ENI, in via di diffida, di procedere al potenziamento dell’infrastruttura medesima.

Infatti, una volta acclarata la commissione di un abuso in danno della concorrenza, l’AGCM può individuare i mezzi più idonei ex post a rimuovere il danno, anche imponendo obblighi non derivanti, ex ante, dal diritto della concorrenza.

 

12. Sufficienza del quadro probatorio

12.1. Anticipando le conclusioni all’analisi, il Collegio ritiene che, da un lato, è corretta la ricostruzione dell’Autorità in tema di mercato rilevante e di posizione dominante di ENI, e dall’altro lato vi sono prove univoche che ENI abbia posto in essere un abuso oggettivamente escludente senza che potesse ignorare che la sua condotta avesse per oggetto la restrizione della concorrenza.

Gli elementi raccolti dall’Autorità superano il test del complesso indiziario grave, preciso e concordante.

Per converso, la condotta di ENI e della sua controllata TTPC non superano il test della spiegazione alternativa lecita, non rinvenendosi un’oggettiva giustificazione economica o giuridica alla base della decisione di rinviare il potenziamento del gasdotto tunisino, per quanto vi potesse essere una convinzione soggettiva in tal senso.

La condotta escludente è stata resa possibile dall’integrazione verticale di ENI, che ha potuto determinare le scelte imprenditoriali della propria controllata al 100% TMPC (Trib. I grado CE, 7 ottobre 1999 T-228/97, Irish Sugar).

In relazione al rapporto ENI-TTPC ciò che l’Autorità imputa all’ENI non è il mero esercizio dell’influenza della controllante sulla controllata, di per sé neutro dal punto di vista antitrust, bensì la circostanza che la condotta è andata a buon fine in ragione del controllo esercitato da ENI su TTPC, orientandone le scelte e inducendola ad un ripensamento rispetto ad una scelta imprenditoriale già fatta e ad impegni contrattuali già volontariamente assunti.

Invero, dopo che nel 2002 il gruppo ENI aveva fatto la scelta di potenziare il gasdotto tunisino, scelta rispondente a indicazioni di politica economica nazionale finalizzate al potenziamento delle infrastrutture di importazione in Italia del gas naturale, e dopo che, a cavallo tra il 2002 e il 2003, TTPC si era volontariamente impegnata con gli shippers in tale direzione, ENI, grazie alla sua posizione dominante, ha deciso unilateralmente di rinviare la scelta di potenziamento, e attuando tale decisione con un complesso di condotte che hanno ostacolato il buon fine dei contratti già stipulati con gli shippers.

ENI ha in definitiva “gestito” le condizioni contrattuali e TTPC ha subito, in quanto controllata, le scelte di ENI, ancorché esse si muovessero in direzione opposta alle scelte economiche già in precedenza fatte da TTPC.

12.2. Né può essere utilmente invocata la giurisprudenza comunitaria laddove afferma che il principio di speciale responsabilità che grava sull’incumbent, se gli vieta di ostacolare la concorrenza al fine di incrementare la propria posizione di mercato o di mantenerla invariata, non si spinge fino all’impedimento di condotte difensive quando gli interessi economici dell’impresa sono minacciati.

Infatti si può giustificare, da parte dell’incumbent, una condotta difensiva dei propri interessi economici, quando vi sia una situazione concreta e attuale che metta in pericolo detti interessi.

Nella specie manca l’attualità e concretezza del pericolo, in quanto all’epoca in cui ENI ha impedito il potenziamento del gasdotto tunisino la situazione di oversupply non era attuale come non era attuale il pericolo del pagamento delle penali. Né vi era alcuna certezza di un pericolo futuro, e inoltre ove il pericolo si fosse concretizzato, esistevano strumenti giuridici difensivi utilizzabili, apprestati dall’ordinamento (artt. 24 e 26, d.lgs. n. 164/2000).

In definitiva la tesi di ENI, di aver agito in difesa dei propri interessi economici, non può essere condivisa perché non c’era un pericolo attuale, né certezza o ragionevole probabilità di un pericolo futuro.

 

13. Disamina delle risultanze documentali

Gli elementi su cui si fondano le conclusioni del Collegio sono i seguenti.

 

13.1. Le previsioni di ENI sull’andamento del mercato del gas

Le previsioni di ENI sull’andamento del mercato del gas, e in particolare in ordine ad una possibile oversupply, erano all’epoca dei fatti meramente soggettive.

L’Autorità, nei parr. da 148 a 154, fornisce dati ed elementi oggettivi che smentiscono la previsione di un eccesso di offerta; secondo i dati forniti dall’Autorità, anche considerando l’incremento minimo atteso della domanda di GN, l’Italia avrebbe avuto, nel periodo considerato, bisogno di importare 13 miliardi di mc. di gas annui aggiuntivi rispetto alle importazioni già in atto, esattamente corrispondenti alla capacità addizionale che sarebbe derivata dal potenziamento dei gasdotti TAG e TTPC per 6,5, miliardi di mc/anno ciascuno.

Pertanto la capacità addizionale del gasdotto tunisino, se realizzata entro il 2007, ragionevolmente non avrebbe determinato l’oversupply ipotizzata da ENI.

Né rileva che la previsione di oversupply da parte di ENI si sia rivelata, ex post, corretta: invero, l’oversupply si è effettivamente verificata ma per ragioni diverse da quelle indicate da ENI nelle sue previsioni, e in particolare perché a livello mondiale e in particolare negli USA è divenuta attuale la possibilità di sfruttare la disponibilità di gas non convenzionale.

Sicché le circostanze postume non danno una giustificazione alternativa lecita della scelta di ENI.

ENI, partendo da una previsione meramente soggettiva, ha condizionato il potenziamento del gasdotto tunisino, differendolo nel tempo, e in tal modo incidendo sull’importazione di gas in Italia da parte di imprese concorrenti.

Tali previsioni non comprovano, pertanto, la sussistenza di un interesse economico reale di ENI a ostacolare il potenziamento del gasdotto tunisino.

Anche ove, in via di ipotesi, tale potenziamento avesse avuto luogo, e si fosse verificato effettivamente il paventato evento dell’eccesso di offerta, ENI avrebbe avuto la possibilità giuridica di chiedere la deroga di cui agli artt. 24-26, d.lgs. n. 164/2000, e in tal caso non avrebbe ricevuto danno dal potenziamento del gasdotto e dunque dalla possibilità che terzi importassero in Italia 6.5 miliardi di mc/anno di gas tramite la capacità aggiuntiva del gasdotto tunisino. Infatti, ottenuta l’applicazione dei citati artt. 24-26, d.lgs. n. 164/2000, ne sarebbe conseguito l’impedimento dell’accesso al sistema di gasdotti italiani del gas naturale importato dall’Algeria dagli altri shippers.

Neppure TTPC sarebbe stata danneggiata, perché i contratti con gli shippers sono di tipo ship or pay, sicché gli shippers pagano un canone mensile per la potenza impegnata, anche se non utilizzano effettivamente il servizio di trasporto.

Tale quadro normativo e fattuale non poteva essere ignoto a ENI e TTPC, infatti viene evidenziato in una lettera indirizzata da uno degli shippers, Worldenergy, indirizzata a TTPC in data 3 novembre 2003 (documento 22 della produzione documentale di primo grado di ENI.

 

13.2. La corrispondenza ENI – TTPC

Nelle lettere inviate a TTPC, ENI non fa mistero delle sue previsioni di mercato in termini di oversupply e di relative conseguenze sui contratti take or pay in corso, pur limitandosi, formalmente, a informare le controparti del suo intento di usare gli strumenti giuridici a sua disposizione (artt. 24 e 26, d.lgs. n. 164/2000).

Alle lettere di ENI a TTPC nei fatti sono seguite immediate risposte di TTPC, esattamente nel senso formalmente solo “consigliato” da ENI.

Vengono in considerazione le lettere indirizzate da ENI a TTPC il 23 giugno 2003 e il 28 ottobre 2003 (documenti 21 e 48 della produzione di primo grado di TTPC), in merito alle sue previsioni circa il mercato italiano del gas, del pericolo di oversupply, del rischio per ENI di dover pagare penali nei contratti take or pay stipulati prima dell’entrata in vigore della direttiva 98/30/CE, e dell’intento di ENI di ricorrere agli strumenti legali a sua difesa, quale l’art. 26, d.lgs. n. 164/2000.

Inoltre ENI informa TTPC della circostanza che ENI e Sonatrach non hanno ancora raggiunto un accordo per la ristrutturazione societaria di TMPC, necessaria per la stipula dei contratti di trasporto tra TMPC e gli shippers, stipula che integra una delle condizioni sospensive dei contratti di trasporto tra TTPC e i medesimi shippers.

A riprova dell’influenza dominante di ENI sulla controllata TTPC, si ha che alla lettera di ENI del 23 giugno 2003 segue immediatamente la lettera di TTPC agli shippers, datata 24 giugno 2003 (documento 22 della produzione di primo grado di TTPC), con cui gli shippers vengono informati nel dettaglio del contenuto della lettera di ENI del 23 giugno 2003, e viene accordata una proroga del termine per la condizione sospensiva relativa alla stipula dei contratti di trasporto con TMPC, fino al 30 ottobre 2003.

 

13.3. La corrispondenza ENI – Sonatrach

Anche il carteggio ENI – Sonatrach depone nel senso dell’intento di ENI di ritardare il potenziamento del gasdotto tunisino (v.: 1) lettera inviata da ENI a Sonatrach in data 16 aprile 2003, documento 17 della produzione di primo grado di TTPC; 2) lettera di risposta inviata da Sonatrach a ENI in data 23 aprile 2003, documento 18 della produzione di primo grado di TTPC; 3) e 4) lettera diretta da Sonatrach a ENI il 16 giugno 2003 e lettera diretta da ENI a Sonatrach di risposta in data 23 giugno 2003, documento 20 della produzione di primo grado di TTPC).

In particolare si evince che:

a) ENI si era formalmente attivata presso Sonatrach, socia al 50% di TMPC, per addivenire ad una ristrutturazione societaria di TMPC, necessaria perché venissero stipulati i contratti di trasporto tra TMPC e gli shippers;

b) ENI informa Sonatrach delle previsioni di oversupply, al fine della ricerca di una soluzione alternativa al potenziamento del gasdotto tunisino, e segnatamente di una modifica dei contratti take or pay in corso con Sonatrach in ordine alla compravendita del gasolio algerino.

Anche in tal caso ciò che colpisce è la genericità delle proposte di ENI e la lentezza con cui ENI procedeva, sintomi di un intento dilatorio e dell’assenza di una reale intenzione di addivenire in tempo utile alla ristrutturazione societaria di TMPC.

Il dato è comprovato dalla circostanza che sul versante parallelo della trattativa tra gli shippers e TMPC, questa dopo aver dato nel marzo 2003 una disponibilità di massima, disponendo della capacità di trasporto, successivamente e fino a ottobre 2003 non ha più risposto alle numerose lettere di sollecitazione degli shippers, volte a ottenere la stipula dei contratti, per consentire l’avveramento della condizione sospensiva negli altri contratti stipulati con TTPC.

In modo affatto inconsueto, gli shippers sono stati resi edotti dell’ostacolo alla stipula dei contratti con TMPC non già dal loro diretto interlocutore contrattuale, ossia TMPC, come era ragionevole attendersi in una consueta trattativa, ma in modo indiretto e mediato, tramite le lettere di TTPC che riferiva loro delle informazioni ricevute da ENI.

Correttamente pertanto anche tale corrispondenza è stata dall’Autorità considerata indiziaria di una condotta omissiva volta a ostacolare o quantomeno a ritardare la ristrutturazione societaria di TMPC e dunque la stipula dei contratti di trasporto TMPC – shippers, al fine di impedire il verificarsi della condizione sospensiva nei contratti di trasporto TTPC – shippers.

E’ ragionevole e sufficiente il ragionamento dell’Autorità in termini di sicuro interesse di Sonatrach ad addivenire alla ristrutturazione di TMPC e alla stipula dei contratti shippers– TMPC, e di conseguente condotta ostativa imputabile a ENI.

In disparte la considerazione che non è dimostrata l’assoluta necessità della ristrutturazione societaria, quel che è certo è che non sono stati specificati e comprovati, come era necessario, gli ostacoli che Sonatrach avrebbe frapposto, non sembrando un ostacolo quello, adombrato, della richiesta di Sonatrach che sul gasdotto TMPC transitasse solo gas di importazione algerina, ove si consideri che i quattro shippers in trattativa con TTPC avrebbero immesso sul gasdotto TMPC appunto gas di importazione algerina.

In definitiva, vi sono indizi gravi e concordanti che ENI abbia ostacolato la stipulazione dei contratti di trasporto tra gli shippers e TMPC, ostacolando a monte la ristrutturazione di TMPC o addirittura adducendo come necessaria una ristrutturazione societaria non indispensabile.

Né per addivenire a tale risultato ermeneutico era necessario, come sostiene l’appellante, integrare l’istruttoria con l’audizione di Sonatrach e degli amministratori di TMPC, perché il quadro di certezza probatoria raggiunta non rendeva indispensabili tali ulteriori accertamenti.

E incombeva piuttosto su ENI, che avesse voluto fornire la prova contraria, acquisire le dichiarazioni di Sonatrach e produrle in giudizio.

 

13.4. La corrispondenza TTPC – shippers

Dalle dichiarazioni e condotte di TTPC si evince, se non un’aperta violazione di doveri contrattuali, né un impedimento al verificarsi delle condizioni sospensive, un’applicazione rigida del termine di avveramento di condizioni sospensive che non erano nella disponibilità delle controparti, con una rinuncia di TTPC a vantaggiosi contratti di trasporto, all’evidente fine di favorire la controllante ENI.

Dall’esame dei contratti TTPC – shippers e relativa corrispondenza si trae la prova che TTPC, pur avendo un interesse commerciale a che i contratti acquistassero effetto, ha immotivatamente negato ulteriori proroghe, al solo evidente ancorché implicito scopo di accondiscendere alle esigenze della controllante ENI.

L’Autorità non ha mai contestato la liceità delle cinque condizioni sospensive: il punto è invece il modo in cui le stesse sono state applicate, senza adeguato rispetto dei doveri di buona fede che dovevano ascriversi a TTPC e in definitiva ad ENI oltre che in base a contratto, in base al principio della speciale responsabilità dell’incumbent.

Rilevano in particolare le lettere con cui TTPC comunica agli shippers le ragioni per cui non ritiene di accordare ulteriori proroghe oltre il 30 ottobre 2003, e manifesta il generico intento di proseguire la trattativa (v.: 1) lettera di TTPC invia a Bridas in data 30 ottobre 2003, in risposta ad una richiesta di proroga spedita da quest’ultima il precedente 29 ottobre 2003, documenti 29 e 28 della produzione di primo grado di TTPC; 2) lettera 30 ottobre 2003 prot. 378, documento 34 della produzione documentale di primo grado di TTPC; 3) lettera del 3 novembre 2003, prot. 396, documento 35 della produzione documentale di primo grado di TTPC).

In tali lettere colpisce che non si indichi nessuna espressa e plausibile ragione per opporsi alla richiesta di proroga, limitandosi TTPC a trincerarsi dietro l’intervenuta scadenza contrattuale.

L’invito ad una valutazione congiunta di soluzioni alternative è generico e privo di plausibili proposte concrete.

Sul piano del calcolo economico, il potenziamento di capacità del gasdotto avrebbe apportato a TTPC guadagni aggiuntivi certi su 6,5 miliardi di mc/anno di gas naturale; infatti, anche ove si fosse verificata l’ipotesi di eccesso di offerta, e ENI avesse ottenuto la deroga di cui agli artt. 24 e 26, d.lgs. n. 164/2000 TTPC avrebbe comunque percepito i guadagni sui contratti di trasporto sulla capacità aggiuntiva, in virtù della clausola ship or pay.

Pertanto, da parte di TTPC non è stata una razionale scelta economica non potenziare l’impianto, né appaiono plausibili le ragioni dedotte da TTPC in appello, mediante perizia tecnica, e fondate sul diverso rapporto di cambio euro-dollaro. Infatti una previsione sul rapporto di cambio euro-dollaro non poteva plausibilmente farsi nel 2003 in relazione ad un investimento che sarebbe andato a regime nel 2007 e che avrebbe necessitato di quattro anni di lavori.

 

13.5. Le condizioni sospensive dei contratti di trasporto tra TTPC e glishippers

I contratti di trasporto tra il vettore TTPC e gli shippers contenevano cinque condizioni sospensive.

L’attenzione dell’AGCM si è soffermata in particolare su quelle che non si sono avverate determinando la definitiva perdita di efficacia del contratto, e in particolare la mancata autorizzazione del governo tunisino e la mancata stipula dei contratti di trasporto con TMPC.

Anche sotto tali profili la ricostruzione dell’Autorità è corretta e immune dai contestati vizi di contraddittorietà e travisamento.

13.5.1. Non può anzitutto condividersi l’assunto di parte appellante che essendo le clausole contrattuali valide, non si poteva configurare l’illecito anticoncorrenziale.

Nel caso di specie l’abuso non è stato identificato con clausole contrattuali abusive, l’Autorità non ha mai messo in discussione la liceità e segnatamente la validità delle clausole.

Oggetto di rilievo è invece il comportamento, di ENI e di TTPC che fa da contorno al contratto, e segnatamente da un lato la condotta di ENI volta ad ostacolare l’avveramento della condizione sospensiva inerente la stipula dei contratti di trasporto shippers– TMPC, e dall’altro lato la condotta di TTPC che ha ritenuto non avverata la condizione inerente all’autorizzazione del governo tunisino e che non ha accordato ulteriori proroghe a fronte del mancato verificarsi della condizione sospensiva relativa ai contratti shippers– TMPC per causa non imputabile agli shippers.

Non vi è in tale modus operandi alcuna contraddittorietà, perché l’illecito anticoncorrenziale è un “comportamento”, che può manifestarsi sia mediante atti giuridici (contratti, atti unilaterali, dichiarazioni), sia mediante comportamenti materiali commissivi o omissivi.

Pertanto, non può escludersi che un contratto formalmente valido sia accompagnato e contornato da condotte illecite, alla stessa stregua in cui un provvedimento amministrativo formalmente legittimo può essere ciò nonostante frutto di condotte penalmente illecite.

Il piano dell’illiceità anticoncorrenziale, come quello dell’illiceità penale, afferisce a comportamenti, e dunque differisce dal piano della validità e legittimità civile e amministrativa, sicché ai fini della valutazione di illiceità anticoncorrenziale la validità o invalidità del contratto rimane neutrale.

13.5.2. Passando all’esame delle singole condizioni sospensive, e muovendo da quella relativa all’autorizzazione del governo tunisino, secondo la ricostruzione dell’Autorità, che appare convincente alla luce della documentazione acquisita, era necessaria un’approvazione delle convenzioni da parte del Parlamento tunisino che sarebbe potuta avvenire solo dopo l’esatta individuazione delle quote allocate a ciascuno shipper.

E’ evidente che tale dato non poteva essere fornito dagli shippers, ma solo da TTPC, e che pertanto TTPC aveva un dovere di cooperazione al fine dell’avveramento della condizione sospensiva in questione, comunicando tempestivamente il dato mancante alle autorità tunisine.

Inoltre solo dopo l’avverarsi della condizione sospensiva indicata nei contratti di trasporto sub e), ossia che la capacità addizionale venisse assegnata integralmente, poteva avverarsi anche la condizione sub a) (autorizzazione delle autorità tunisine).

In tale contesto TTPC non poteva considerare non avverata la condizione relativa all’autorizzazione delle autorità tunisine, senza accordare ulteriori proroghe, perché la condizione non si poteva avverare senza la collaborazione di TTPC.

E’ appena il caso di ricordare che in tema di contratti sottoposti a condizione, l’art. 1358 c.c. impone a chi si è obbligato sotto condizione sospensiva, di comportarsi, in pendenza della condizione, secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte, e che l’art. 1359 c.c. dispone che la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa (i contratti tra TTPC e gli shippers erano assoggettati per volontà contrattuale alla legge italiana, anche se TTPC ha sede in una delle Channel Islands e se il contratto era destinato ad essere eseguito in Tunisia).

Tali previsioni del c.c. italiano non hanno nella presente controversia diretta rilevanza, perché si disputa di illecito anticoncorrenziale e non di lite civilistica sull’avveramento o meno della condizione.

Tuttavia l’elemento comune alla fattispecie contrattuale e alla condotta degli incumbents sul mercato è il dovere di buona fede, che nella specie è stato violato sia sul piano contrattuale che su quello della concorrenza.

Nel corso del giudizio è stato prodotto un parere pro veritate di un giurista tunisino (documento 41 della produzione di primo grado di TTPC), in cui si sostiene che vi sarebbero nel diritto tunisino strade alternative all’approvazione parlamentare delle convenzioni, e, segnatamente, che si potrebbero approvare le convenzioni con shippers non ancora identificati. Secondo TTPC, se vi è tale possibilità, vi sarebbe a fortiori la possibilità di approvare convenzioni con shippers identificati, ma senza conoscenza delle esatte quantità allocate.

La circostanza è però irrilevante, perché non sono in discussione gli astratti strumenti giuridici utilizzabili in base alla legge tunisina, – in relazione ai quali oltretutto dovrebbe verificarsi se ne era esigibile la conoscenza in capo agli shippers -, ma è in discussione la concreta condotta tenuta nel caso di specie dalle autorità tunisine. Esse condizionavano l’approvazione delle convenzioni alla conoscenza di un dato che era nella disponibilità di TTPC e non degli shippers, pertanto TTPC era tenuta secondo buona fede a fornire tale dato e ad attendere l’esito.

13.5.3. Passando al mancato avveramento della condizione relativa alla stipula dei contratti di trasporto tra gli shippers e TMPC, dalla documentazione raccolta dall’Autorità si evince che TMPC, mentre fino a marzo 2003 aveva dato assicurazioni concrete agli shippers in ordine alla possibilità di stipula dei contratti, successivamente e fino al 30 ottobre 2003 e oltre, non ha più dato alcuna risposta agli shippers nonostante numerose sollecitazioni.

Sicché, gli shippers nemmeno sono stati resi dettagliatamente e trasparentemente edotti delle asserite difficoltà derivanti dall’esigenza di ristrutturazione societaria di TMPC.

Il silenzio di TMPC non risponde a canoni di buona fede, ed è in definitiva imputabile a ENI, cui TMPC fa capo.

Anche sotto tale profilo, il mancato avveramento della condizione sospensiva non è imputabile agli shippers e la circostanza non poteva essere ignorata da TTPC e da ENI.

Sono significative le lettere inviate dagli shippers a TTPC e a TMPC, volte a dolersi dell’inspiegabile silenzio di TMPC, e da cui si evincono non solo le numerose sollecitazioni rivolte dagli shippers a TMPC e rimaste senza risposta, ma anche che gli shippers non sono mai stati resi edotti di quali fossero per TMPC le difficoltà ad addivenire alla stipula dei contratti di trasporto del gas.

Si vedano, in particolare:

– la lettera inviata il 24 ottobre 2003 da Bridas a TMPC, documento 9 del deposito dell’Autorità in primo grado del 30 giugno 2003;

– la lettera inviata in data 29 ottobre 2003 da Worldenergy a TTPC, non prodotta in giudizio, ma il cui contenuto in parte qua è riportato nel par. 75 dell’Autorità, e tale contenuto le parti non contestano, come dichiarato nell’udienza di discussione;

– la lettera inviata il 4 novembre 2003 da Bridas a TMPC, documento 10 del deposito dell’Autorità in primo grado del 30 giugno 2003.

13.5.4. In conclusione, sia TTPC in relazione alla condizione sospensiva relativa all’autorizzazione delle autorità tunisine, sia ENI in relazione alla condizione sospensiva relativa al contratto tra shipper e TMPC, abbiano tenuto un comportamento border line, rigidamente ossequioso dei patti contrattuali, nella sostanza contrario a buona fede contrattuale e ai canoni della speciale responsabilità dell’incumbent.

 

14. Sulla richiesta di rinvio pregiudiziale al giudice comunitario

Concludendo in ordine all’esame del secondo e terzo motivo di appello, non può essere accolta la richiesta di rinvio pregiudiziale alla C. giust. CE in ordine all’interpretazione dell’art. 82 CE (alla data odierna divenuto l’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in vigore dal 1° dicembre 2009).

Invero i principi del diritto della concorrenza in tema di posizione dominante e relativo abuso, dottrina dell’infrastruttura essenziale e della speciale responsabilità, non sono controversi e non danno adito a dubbi esegetici. La loro applicazione nel caso concreto è questione di fatto che compete ai giudici nazionali e su cui alcun aiuto la C. giust. CE suole dare.

Inoltre la richiesta di rinvio pregiudiziale è formulata in modo generico nell’atto di appello e la difesa, su espressa richiesta del Collegio nel corso dell’udienza di discussione, non è stata in grado di meglio precisarla.

 

15. Esame dell’appello di TTPC: delimitazione della materia del contendere

Occorre passare all’esame dell’appello di TTPC previa delimitazione della materia del contendere.

15.1. In prime cure l’AGCM, aveva eccepito il difetto di legittimazione di TTPC a ricorrere avverso un provvedimento da cui non era sanzionata, e non essendo stata parte del procedimento davanti all’AGCM.

Il Tar ha disatteso tale eccezione (par. 3 della sentenza).

L’AGCM non ha appellato tale capo di sentenza, che è pertanto passato in giudicato.

La legittimazione di TTPC non può pertanto essere più discussa.

15.2. Sempre al fine della delimitazione della materia del contendere, il Collegio osserva che si limiterà ad esaminare i soli motivi di censura proposti da TTPC che non sono comuni a quelli articolati da ENI e già esaminati. In particolare il nucleo centrale delle censure di TTPC attiene alla dimostrazione di aver agito da corretto contraente e operatore indipendente, che non ha risentito l’influenza dominante della società controllante.

Le questioni attinenti alla condotta del corretto contraente nella situazione di TTPC sono state già in massima parte esaminate in relazione all’appello di ENI, e valgono pertanto in questa sede le medesime considerazioni da intendersi tutte richiamate.

 

16. Appello di TTPC: sufficienza del quadro probatorio in relazione all’influenza dominante di ENI su TTPC e alla scorrettezza e irrazionalità della condotta contrattuale di TTPC

16.1. Passando al merito, con il primo motivo dell’atto di appello, TTPC sostiene che non vi sarebbe prova che essa sia stata influenzata da ENI.

Con il secondo e terzo mezzo di appello si osserva che il mancato avveramento delle condizioni sospensive non sarebbe in alcun modo imputabile a TTPC e che TTPC a fronte del mancato avveramento delle condizioni sospensive avrebbe tenuto la condotta che qualsiasi corretto contraente avrebbe tenuto.

TTPC ha depositato nel giudizio davanti al Tar una relazione a cura di un economista da cui si evincerebbe che la scelta di TTPC di non dare corso ai contratti sarebbe economicamente giustificata in quanto il decorso del tempo avrebbe reso l’investimento meno conveniente.

16.2. I tre motivi sono infondati.

Si rinvia a tutte le osservazioni fatte in relazione all’appello di ENI.

Valgano le seguenti ulteriori considerazioni.

Dai documenti e dal corso degli eventi come esaminati in relazione all’appello di ENI, si evince la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti dell’influenza dominante di ENI su TTPC e dell’unitarietà di comportamento delle due società.

L’influenza determinante risulta dalla circostanza che alle lettere di ENI faceva seguito l’immediata risposta di TTPC conforme alle richieste della controllante, e che in fatto TTPC si è comportata esattamente come ENI auspicava.

Né convince la tesi che la concessione di ulteriori proroghe avrebbe esposto TTPC a contestazioni da parte di altri aspiranti shippers, in quanto le precedenti proroghe accordate ai quattro shippers rimasti della partita non avevano sollevato proteste da parte dei tre shippers già venuti meno.

Non convince neppure la tesi della sopravvenuta non convenienza economica dell’investimento a causa del decorso del tempo.

La relazione economica prodotta in giudizio fa riferimento ad un intervenuto apprezzamento dell’euro sul dollaro, con il conseguente aumento dei costi di investimento (da sostenersi in euro) relativamente ai ricavi previsti generati dalla tariffa di trasporto (fissata in dollari).

Non è intanto dimostrato che l’investimento sarebbe stato sostenuto in euro, né può dirsi rilevante il dato dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro, ove si consideri che l’investimento si sarebbe dovuto svolgere dal 2003 al 2007 e dunque i relativi costi sarebbero stati sostenuti nell’arco di quattro anni, e non è dimostrato che l’apprezzamento dell’euro sul dollaro si sarebbe mantenuto per tutto il quadriennio. Inoltre la formula di determinazione della tariffa di trasporto contiene una clausola di indicizzazione che tiene conto non solo della situazione del dollaro, ma anche di una componente in euro.

Né risulta dimostrato l’altro asserito elemento della perdurante incertezza rispetto ai tempi di realizzazione del progetto, atteso che quando ENI e TTPC hanno seriamente deciso di potenziare il gasdotto tunisino, da un lato le criticità sulle condizioni sospensive sono senz’altro venute meno, segno evidente che nel periodo di riferimento erano criticità pretestuose e dilatorie, dall’altro è venuta meno ogni incertezza sui tempi di realizzazione del progetto e ogni dubbio di non convenienza economica.

17. Con il quarto e ultimo motivo d’appello si contesta la lettura data dall’Autorità e dal Tar alla lettera indirizzata nel giugno 2003 da TTPC agli shippers. Essa, lungi dal denotare un appiattimento di TTPC ai voleri di ENI, risponderebbe a un dovere di buona fede e corretta informazione nei confronti dei terzi contraenti. Una volta appreso del rischio di oversupply e dell’intento di ENI di avvalersi dello strumento legale di cui agli artt. 24 e 26, d.lgs. n. 164/2000, sarebbe stato doveroso per TTPC informarne i terzi contraenti.

In definitiva TTPC avrebbe condotto autonomamente rispetto ad ENI la trattativa per il potenziamento del gasdotto e avrebbe in piena autonomia accordato svariate proroghe e infine preso atto del mancato avvera mento delle condizioni sospensive sulla base di proprie autonome valutazioni.

17.1. Il mezzo va disatteso alla luce delle considerazioni già svolte in relazione all’appello di ENI.

Giova solo aggiungere che un conto era limitarsi ad informare gli shippers delle previsioni di Eni in ordine a una futura oversupply, un conto era, come accaduto, e nonostante le risposte degli shippers nel senso di essere comunque interessati alla trattativa, orientare la propria condotta allo scopo di impedire il buon fine dei contratti già stipulati con gli shippers.

18. Va per quanto esposto respinto anche l’appello di TTPC.

 

19. Il motivo dell’appello di ENI e il motivo unico dell’appello dell’AGCM relativi alla sanzione

19.1. Occorre passare all’esame delle censure articolate con il quarto motivo dell’appello di ENI, che per motivi di ordine logico vanno esaminate insieme all’appello dell’Autorità.

19.2. Il quarto motivo di appello di ENI costituisce parziale riproposizione, nella parte assorbita, del quarto motivo del ricorso di primo grado con cui erano state mosse critiche alla misura della sanzione.

19.3. Il quarto motivo del ricorso di primo grado è stato accolto in parte dal Tar, che ha ritenuto erronea la qualificazione dell’abuso da parte dell’AGCM come “molto grave”.

Ad avviso del Tar non si tratterebbe, avuto riguardo ai criteri orientativi emanati dalla Commissione europea per la misura delle sanzioni per gli illeciti antitrust, di un incontestabile abuso di posizione dominante, ma di un abuso escludente, come tale da qualificarsi non già “molto grave” bensì semplicemente “grave”.

Per l’effetto il Tar ha annullato la sanzione e rimesso la palla all’AGCM per la rideterminazione della sanzione.

19.4. Con l’atto di appello di ENI si ripropongono in relazione alla sanzione le ulteriori censure che il Tar ha assorbito.

Si assume anzitutto che verrebbe sanzionato l’esercizio di una facoltà legittima, quale sarebbe stato il prendere atto che era scaduto il termine per le condizioni sospensive, e che queste non si erano verificate.

Si assume ancora che la qualifica di molto grave dell’abuso contrasterebbe con il carattere meramente ipotetico e futuro degli effetti dell’abuso.

Erroneamente l’AGCM avrebbe ritenuto che l’abuso sia durato circa 27 mesi, trattandosi invece di condotta istantanea, da ritenersi definitivamente cessata il 3 novembre 2003 con la decisione di considerare inefficaci i contratti per mancato avveramento delle condizioni sospensive.

L’importo della sanzione sarebbe irragionevole e sproporzionato, in quanto:

(i) si sarebbe dovuto operare il cumulo materiale ai sensi dell’art. 8, l. n. 689/1981;

(ii) sarebbe stato violato l’art. 11, l. n. 689/1981 perché non si sarebbe adeguatamente tenuto in conto il ravvedimento operoso di ENI (potenziamento del gasdotto);

(iii) non sarebbe provato che ENI fosse consapevole del carattere di infrazione del suo comportamento e delle conseguenze che ne derivano.

Si lamenta infine che il Tar avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto nell’ordine logico delle questioni sulla sanzione avrebbe avuto priorità logica quella della non debenza di alcuna sanzione avendo ENI commesso il fatto nell’esercizio di una facoltà legittima.

19.5. Con l’appello dell’AGCM viene contestato il solo capo di sentenza che ha annullato la sanzione rinviando all’AGCM per la sua rideterminazione.

Si lamenta che il Tar avrebbe errato a ritenere che l’abuso di posizione dominante non fosse incontestabile e conseguentemente non fosse molto grave.

L’abuso sarebbe invece incontestabile e molto grave, ove si consideri che:

la condotta di ENI sarebbe stata volontaria e consapevole dei suoi effetti anticoncorrenziali;

la condotta di ENI sarebbe stata frutto di una precisa strategia escludente;

su ENI gravava una speciale responsabilità.

Inoltre alla qualificazione dell’illecito come molto grave avrebbe concorso, nella ricostruzione dell’AGCM, non solo la natura dell’abuso, ma anche il contesto in cui lo stesso è stato posto in essere e gli effetti che ha determinato.

Si aggiunge che secondo i Nuovi Orientamenti adottati dalla Commissione europea nel 2006 per il calcolo delle sanzioni negli illeciti antitrust, non solo non compare la ripartizione degli illeciti in poco gravi, gravi e molto gravi, ma si fornisce l’indicazione di compiere una valutazione complessiva delle caratteristiche dell’infrazione e dunque anche del contesto e dei relativi effetti.

20. Le censure dell’appello dell’AGCM sono infondate mentre meritano parziale accoglimento quelle dell’appello di ENI.

20.1. Principiando dall’appello dell’Autorità, osserva il Collegio che gli orientamenti forniti dalla Commissione europea per il calcolo delle sanzioni negli illeciti antitrust hanno un valore orientativo e non vincolante, e comunque non impediscono, anzi auspicano, una valutazione complessiva dell’illecito.

In siffatta valutazione complessiva, ad avviso del Collegio non si può pervenire ad una qualificazione dell’illecito come molto grave.

L’abuso di posizione dominante non può essere considerato incontestato, e la condotta va qualificata come abuso semplice di posizione dominante, e in particolare come comportamento escludente.

L’abuso di posizione dominante era oggettivamente escludente, e merita pertanto sanzione, ma non può essere imputato ad ENI a titolo di dolo intenzionale o generico, come negli abusi incontestati.

ENI era soggettivamente convinta di agire a tutela dei propri interessi economici, sulla base di una non corretta valutazione e previsione dei futuri scenari del mercato del gas, sicché non perseguiva intenzionalmente l’esclusione dei concorrenti.

Inoltre gli elementi a carico di ENI, seppure comprovati, andavano bilanciati con la considerazione del difficile passaggio da una situazione monopolistica a un mercato regolamentato, passaggio da considerarsi oggettivamente difficile anche per l’ex monopolista, che nel settore del gas naturale, a differenza che in altri settori in cui si è passati dal monopolio alla concorrenza (v. telefonia), era comunque vincolato da precedenti rapporti contrattuali siglati in Stati esteri, e da pregressi ingenti investimenti infrastrutturali all’estero. La condotta oggettivamente escludente, a differenza che in altri settori di ex monopolio, non appare pertanto mossa univocamente dall’intento di nuocere alla concorrenza, ma si colora di intenti difensivi.

E’ proprio compiendo l’invocata valutazione complessiva dell’abuso, considerandone anche contesto ed effetti, che si perviene ad una sua colorazione in termini di “grave” e non di “molto grave”.

Questa Sezione in relazione alla qualifica di “molto grave” dell’abuso di posizione dominante ha ritenuto che essa si giustifichi avuto riguardo alla <<responsabilità particolare che grava sull’operatore dominante, alla sistematicità e reiterazione delle condotte abusive, alla consapevole sottrazione al controllo dell’Autorità di regolamentazione, al comprovato intento anticoncorrenziale perseguito nei confronti dei concorrenti, al raggiungimento dello scopo, alla recidiva e alla cessazione delle condotte solo a seguito di una pluralità di procedimenti sanzionatori>> (Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271, Telecom Italia).

Nel caso di specie non ricorre invece tale complesso di gravi elementi, in particolare difettano gli elementi di sistematicità e reiterazione delle condotte abusive, la consapevole sottrazione al controllo dell’Autorità di regolamentazione, la recidiva e la cessazione delle condotte solo a seguito di una pluralità di procedimenti sanzionatori.

Pertanto l’appello dell’Autorità va respinto.

20.2. Passando all’appello dell’ENI, non sussiste la causa di giustificazione dell’esercizio di una facoltà legittima (art. 4, l. n. 689/1981) che consentirebbe di escludere del tutto l’irrogazione della sanzione, sotto il profilo che le condizioni sospensive erano lecite, e che ENI si sarebbe avvalsa dello strumento contrattuale legittimo del mancato avvera mento di condizioni sospensive.

Non è questo l’ambito della condotta abusiva contestato ad ENI, bensì di aver posto in essere una complessiva strategia escludente, avvalendosi della controllata TTPC. A sua volta la controllata, pur tenendo una condotta che era sul piano contrattuale formalmente lecita, non agiva secondo buona fede laddove rifiutava un’ulteriore proroga ragionevolmente invocata dalle controparti, né si muoveva secondo criteri di razionalità economica.

Sebbene l’abuso sia stato oggettivamente escludente e come tale passibile di sanzione, non può tuttavia non essere considerato che la condotta di ENI era mossa anche da un intento difensivo in relazione agli impegni contrattuali già presi con i contratti take or pay, e non da un intento aggressivo della concorrenza.

Tanto rileva non per escludere l’illecito e la sanzione, ma per la commisurazione della sanzione medesima.

Invero, non sussiste alcuna causa scriminante dell’illecito, in quanto per potersi configurare il legittimo esercizio di un diritto dell’incumbent (la difesa dei propri interessi economici), occorre che vi sia una situazione di danno o di pericolo per tali interessi, che sia certa e attuale, laddove nel caso di specie, vi era una mera previsione soggettiva in ordine ad un pericolo futuro ed incerto per gli interessi economici di ENI.

Neppure potrebbe invocarsi, come scriminante, l’esercizio putativo del diritto, ossia la ragionevole convinzione di aver agito nell’esercizio di un proprio diritto, in quanto se è vero che in tema di illeciti amministrativi (al pari che in tema di illeciti penali), la responsabilità dell’autore dell’illecito può essere esclusa anche in caso di erronea supposizione della sussistenza degli elementi concretizzanti una causa di esclusione della responsabilità, in quanto l’art. 3, co. 2, l. n. 689/1981 esclude la responsabilità quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche l’erroneo convincimento della sussistenza di una causa di giustificazione (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2008 n. 15195); tuttavia, al fine dell’operatività di un’esimente putativa, non basta un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, occorrendo invece dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’agente di trovarsi in tale stato (Cass. pen., sez. VI, 5 giugno 2003), e occorre che l’errore non sia colpevole (art. 3, co. 2, l. n. 689/1981: “nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa”).

Tuttavia, esclusa una scriminante, va considerato che il convincimento erroneo di ENI di agire a tutela dei propri interessi economici è stato colposo: ENI, dati il suo ruolo sul mercato e la sua conoscenza del mercato del gas naturale e della relativa regolamentazione, non poteva ignorare, secondo parametri di diligenza professionale, che la propria condotta avrebbe avuto come effetto l’esclusione di concorrenti dal mercato, e che tanto non era giustificabile con la difesa dei propri interessi economici, in mancanza di danno o pericolo attuali, e data l’esistenza di strumenti legali di tutela di tali interessi ove il danno o pericolo per tali interessi fosse divenuto attuale.

L’averlo ignorato e aver conseguentemente agito nella convinzione di tutelare i propri interessi economici, equivale a errore colpevole.

ENI era soggettivamente e sia pure colpevolmente convinta di agire a tutela dei propri interessi economici, sicché non agiva intenzionalmente per escludere i concorrenti.

In base agli Orientamenti della Commissione europea per il calcolo delle ammende per gli illeciti antitrust 98/C 9/03 (in GUCE 14 gennaio 1998), applicabili ratione temporis, costituiscono circostanze attenuanti:

– infrazioni commesse per negligenza e non intenzionalmente;

– esistenza di un dubbio ragionevole dell’impresa circa il carattere di infrazione del comportamento restrittivo della concorrenza.

L’illecito resta comunque grave, per il suo carattere escludente e per gli effetti escludenti che ha sortito.

20.3. Quanto alla durata dell’abuso il calcolo operato dall’Autorità è corretto; l’abuso non può dirsi completato a novembre 2003, e dunque non può ritenersi che sia durato solo da marzo a novembre 2003. Va infatti considerato che per effetto dell’abuso il potenziamento del gasdotto tunisino è stato differito di circa 19 mesi.

20.4. Quanto alla richiesta di cumulo ai sensi dell’art. 8, l. n. 689/1981, la stessa è in astratto corretta ma in concreto irrilevante.

Ai sensi dell’art. 8, l. n. 689/1981, in caso di concorso formale di illeciti (che nella specie ricorre), “chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono, sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo”.

Ad avviso di parte appellante, la violazione più grave va individuata in base alla pena edittale, e pertanto la violazione più grave è l’inottemperanza, che ai sensi dell’art. 15, l. n. 287/1990, è punita con pena pecuniaria più elevata.

Pertanto, essendo nella specie stata irrogata la pena pecuniaria per l’inottemperanza in misura pari a 4,5 milioni di euro, con l’aumento fino al triplo si sarebbe dovuta irrogare una sanzione massima di 13,5 milioni di euro.

E’ senz’altro corretto che nell’applicare il cumulo giuridico di sanzioni in caso di concorso formale di illeciti, occorre partire dall’illecito più grave, da individuarsi secondo il criterio della pena edittale, e che illecito più grave è, in astratto, nel caso di specie, l’inottemperanza.

L’appellante erra tuttavia laddove ritiene che nell’applicare il cumulo giuridico delle sanzioni, occorra partire dalla sanzione in concreto irrogata per la violazione più grave.

Invero in base al tenore letterale dell’art. 8, l. n. 689/1981, nell’applicare il cumulo giuridico si parte non dalla sanzione in concreto irrogata per l’illecito più grave, ma dalla sanzione edittale per esso prevista. Infatti l’art. 8 citato fa riferimento alla “sanzione prevista”, vale a dire la pena edittale, e non alla “sanzione irrogata” (Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2005 n. 4970).

Della correttezza di tale interpretazione si trae conferma se si confronta l’art. 8, l. n. 689/1981 con l’art. 81 c.p. dove invece si fa riferimento alle pena da applicarsi in concreto per la violazione più grave.

Se pertanto si ha riguardo alla sanzione edittale per l’inottemperanza ai sensi dell’art. 15, l. n. 287/1990, con l’aumento fino al triplo, si evince che nell’irrogare la sanzione l’Autorità non ha violato i criteri del cumulo giuridico.

20.5. Quanto alla mancanza di consapevolezza dell’abuso in capo ad ENI, l’esposizione che precede induce il Collegio a concludere che ENI non fosse inconsapevole dell’abuso, ma che con tale consapevolezza concorresse un intento difensivo in relazione ad impegni contrattuali già presi.

20.6. Va anche condivisa la censura relativa alla mancata adeguata considerazione del ravvedimento operoso.

Tale ravvedimento è stato considerato e ha comportato una riduzione della sanzione base (di 390 milioni) di circa il 26% (la sanzione finale essendo di 290 milioni).

Ad avviso dell’appellante la percentuale di riduzione della sanzione avrebbe dovuto essere coerente con l’entità del ravvedimento operoso.

La tesi merita una parziale condivisione.

La disciplina legislativa non impone una necessaria proporzionalità tra percentuale del ravvedimento operoso (ammesso che lo stesso possa essere, seguendo il ragionamento dell’appellante, essere percentualizzato avuto riguardo allo stato di avanzamento dei lavori di potenziamento del gasdotto), e percentuale di riduzione della sanzione base.

In base al c.p. il ravvedimento operoso è una circostanza attenuante (art. 62, co. 1, n. 6, c.p.) che giustifica la riduzione della pena in misura non eccedente un terzo (art. 65, co. 1, n. 3, c.p.).

Nel settore dell’illecito amministrativo, la l. n. 689/1981, si limita a stabilire che il ravvedimento operoso viene preso in considerazione nella quantificazione della pena tra minimo e massimo, senza fissare rigide percentuali di abbattimento (art. 11, l. n. 689/1981).

Nel caso di specie andava valutato, al fine della riduzione della sanzione, che il ravvedimento operoso è stato tempestivo ed efficace, pur non avendo del tutto eliso le conseguenze dell’illecito, e che per attuare il ravvedimento operoso (ossia per potenziare il gasdotto) ENI ha sopportato un costo ingente (circa 400 milioni di euro), senza certezza di recupero integrale dell’investimento, ove si consideri che è improbabile che un costo di investimento così elevato possa essere recuperato entro il 2019, data in cui vengono a scadenza i diritti di TTPC sul gasdotto tunisino.

Si imponeva pertanto una più elevata percentuale di abbattimento della sanzione, nell’ordine, ritenuto congruo dal Collegio, del 65%.

20.7. Il Collegio ritiene, in applicazione degli artt. 31, l. n. 287/1990 e 23, l. n. 689/1981, nonché dell’art. 134, co. 1, lett. c), c.p.a., di poter procedere direttamente alla riquantificazione della sanzione.

Riqualificato l’abuso come grave, e viste le sopraesposte considerazioni in tema di elemento psicologico, e partendo da un fatturato di euro 58.300.000.000, il Collegio ritiene di poter determinare la sanzione base in una percentuale dello 0,10% del fatturato in luogo della percentuale dello 0,67% applicata dall’Autorità, e di potervi applicare, in considerazione del ravvedimento operoso, un abbattimento del 65%.

Si ottiene in tal modo una sanzione pecuniaria di 20.405.000 euro, secondo la seguente equazione: [(58.300.000.000: 100) x 0,10] : 100 x 35.

 

21. Dispositivo e regolamento delle spese

In conclusione vanno respinti gli appelli di TTPC e dell’AGCM, mentre l’appello di ENI merita un parziale accoglimento quanto alla misura della sanzione.

Le spese in considerazione della reciproca soccombenza e della complessità delle questioni vanno interamente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

Definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe:

1) riunisce i tre appelli;

2) accoglie in parte, quanto alla misura della sanzione l’appello di ENI e per l’effetto ridetermina la sanzione in euro 20.405.000;

3) respinge gli altri due appelli;

4) compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 9 e del 16 novembre 2010.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere

Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore

Roberto Garofoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/12/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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