T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. I, 21 luglio 2010, n. 1791

 

Contratti della P.A. – Esclusione dall’applicazione delle norme sull’evidenza pubblica – Servizi di ricerca che restano di “esclusiva proprietà del Comune” – Non sussiste.

 

N. 01791/2010 REG.SEN.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 96 del 2010, proposto da:
Vincenzo Mariello, rappresentato e difeso dall’avv. Gianluigi Pellegrino, presso il cui studio in Lecce, via Augusto Imperatore n. 16, è elettivamente domiciliato;

contro

Comune di Lecce, rappresentato e difeso dall’avv. Saverio Sticchi Damiani, presso il cui studio in Lecce, via 95° Rgt Fanteria n. 9, è elettivamente domiciliato;
Università degli Studi di Genova, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Lecce, via Rubichi;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

della delibera G.M. del Comune di Lecce n. 439 del 16 luglio 2009, avente ad oggetto “Redazione PUG della Città di Lecce – Contratto di ricerca tra Comune di Lecce e Università degli Studi di Genova – Dipartimento di Progettazione e Costruzione dell’architettura (DIPARC) – Dipartimento di Scienze per l’Architettura (DSA) per le attività di collaborazione, studio, coordinamento scientifico, consulenze….” e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresa l’allegata bozza del Contratto di ricerca e la determina dirigenziale eventualmente adottata;.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Genova;

Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28/04/2010 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Pellegrino e Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

1. Il ricorrente, iscritto all’ordine degli architetti di Lecce, impugna la delibera della Giunta comunale di Lecce n. 439 del 16 luglio 2009 con la quale è stato affidato all’Università di Genova – Dipartimento di progettazione e costruzione dell’Architettura (DIPARC) e Dipartimento di scienze per l’Architettura (DSA), il contratto di ricerca avente ad oggetto le attività di collaborazione, studio, ricerca, coordinamento scientifico e consulenza connesse alla redazione del PUG della Città di Lecce, prevedendo a tal fine un compenso di trecentoquarantamila (340.000) euro, oltre IVA.

2. La suddetta delibera è stata impugnata, in particolare: a) per violazione del Codice dei contratti e dei principi generali in materia di evidenza pubblica, atteso che si tratterebbe nella sostanza di servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria (id est, consulenza), come tali ricompresi nell’allegato IIA del richiamato decreto legislativo n. 163 del 2006; b) per violazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 192 del TUEL.

3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale intimata e l’Università di Genova, quale contro interessata, per chiedere il rigetto del gravame. In particolare si eccepiva che: a) l’oggetto del contratto sia da ricondurre nel novero dei servizi di ricerca e come tali da escludere dalla applicazione della normativa in materia di appalti ai sensi dell’art. 19, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 163 del 2006; b) trattandosi di servizi attinenti alla ricerca scientifica, difetterebbe l’interesse a coltivare il presente gravame in capo al ricorrente, che in base alla professione esercitata (architetto) non sarebbe comunque in grado di svolgere i suddetti servizi; c) il contratto non sarebbe in ogni caso qualificabile alla stregua di appalto di servizi quanto, piuttosto, di accordo di collaborazione tra amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990, e dunque da escludere dalla normativa in materia di contratti pubblici.

4. Alla pubblica udienza del 28 aprile 2010 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni e la causa veniva infine trattenuta in decisione.

DIRITTO

05. Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato nei sensi di seguito indicati.

5. Si rammenta, in via preliminare, che nella prospettiva del ricorrente il contratto stipulato tra Comune di Lecce ed Università di Genova andrebbe qualificato come appalto di servizi, come tale assoggettabile alla normativa in materia di contratti pubblici; secondo la tesi dell’amministrazione comunale resistente, invece: a) il contratto riguarderebbe servizi di ricerca esclusi dalla suddetta normativa; b) non sussisterebbe peraltro l’interesse a ricorrere in capo ad un iscritto all’albo degli architetti; c) si tratterebbe comunque di accordo tra pubbliche amministrazioni escluso dal rispetto delle regole dell’evidenza pubblica.

Ad avviso del collegio, tutte le eccezioni sollevate dalla amministrazione comunale sono infondate.

5.1. In primo luogo, anche a volere accedere alla tesi (in ogni caso non condivisibile per le ragioni che più avanti verranno esposte) secondo cui il contratto avrebbe ad oggetto esclusivamente servizi di ricerca, osserva il collegio come non ricorrerebbero nella specie i presupposti previsti dall’art. 19, comma 1, lettera f), del codice degli appalti, al fine di consentire la deroga in essa contenuta.

Ciò in quanto ogni documento, ai sensi dell’art. 4 della bozza di contratto (in allegato alla delibera impugnata), resterà “di piena ed esclusiva proprietà del Comune”.

Dal canto suo, la citata disposizione codicistica prevede che le regole dell’evidenza pubblica non trovino applicazione qualora si tratti di “servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengano esclusivamente alla stazione appaltante”: condizione questa che nella specie sicuramente non ricorre, dato che – come già anticipato – ogni documento ed elaborato predisposto in occasione della attività prestata resterà di “esclusiva proprietà del Comune”.

In questa prospettiva, se da un lato risulta apprezzabile l’analisi della difesa comunale circa la ratio della disposizione citata, dall’altro lato meno condivisibili appaiono le conclusioni cui la stessa difesa perviene. Ed infatti, in tale prospettiva: è ben vero che la deroga alla normativa in materia di evidenza pubblica ricorra tutte le volte in cui l’affidamento dei suddetti servizi di ricerca sia disposto non nell’interesse esclusivo dell’amministrazione appaltante, per la soddisfazione di fini particolari di quest’ultima, ma anche per l’accrescimento delle conoscenza scientifiche in una data materia, ossia per il per perseguimento di finalità più generali direttamente correlate con l’interesse dell’intera comunità e, più in particolare, con quello di favorire e promuovere la ricerca e lo sviluppo ai sensi dell’art. 163 del Trattato CE (si veda in tal senso anche il 23° considerando della direttiva 2004/18/CE); e, tuttavia, è altresì vero che nella specie tali finalità generali non appaiono in concreto perseguite dal momento che i risultati del lavoro svolto dall’Università, per espressa disposizione pattizia, resteranno nella sola disponibilità del Comune di Lecce.

Alla luce di quanto sopra evidenziato è dunque da escludere una estensione dei suddetti risultati nei confronti della collettività indifferenziata e, di conseguenza, l’applicazione della suddetta disciplina derogatoria.

5.2. In secondo luogo, sussiste l’interesse a ricorrere atteso che il contratto ha ad oggetto (almeno in misura nettamente prevalente) servizi connessi all’architettura ed all’urbanistica.

Occorre stabilire in questa direzione quale sia l’oggetto effettivo del rapporto che si intende instaurare, ovverossia se si tratti di attività di mero studio e ricerca oppure di consulenza in materia di architettura.

Da un esame della delibera impugnata e della bozza di contrato ad essa allegata si evince al riguardo che:

a) “L’incarico in parola attiene, in particolare, all’effettuazione degli studi ed alla elaborazione dei materiali tecnico-scientifici e dei documenti scrittografici a livello urbanistico, paesaggistico, ambientale ed architettonico, finalizzati ad un riordino dell’attuale piano urbanistico della città, all’aggiornamento del Documento Programmatico preliminare ed alla conseguente redazione ed adozione del PUG del Comune di Lecce, nonché a fornire una qualificata consulenza ed affiancamento ai competenti uffici comunali nell’ambito di tutte la fasi connesse alla redazione, consultazione pubblica, approvazione e definizione delle modalità di applicazione di tale strumento urbanistico-programmatico”;

b) “la collaborazione che verrà offerta dai Dipartimenti DIPARC e DSA è costituita da tutte le attività di studio, di ricerca, di coordinamento scientifico ed alla consulenza in qualsiasi modo strumentali alla redazione del PUG” (art. 2 bozza contratto);

c) l’art. 4 della bozza di contratto, così rubricato “Modalità di esecuzione delle attività di studio e di consulenza – Prodotti degli studi e delle consulenze”, prevede tra l’altro la “assistenza ai competenti uffici comunali per la predisposizione di tutti i documenti necessari alla predisposizione del PUG del Comune di Lecce” e che “le attività di ricerca sopra descritte produrranno i seguenti elaborati: Carta vicoli ambientali, vincoli paesaggistici, idrogeologici, etc.”;

Da quanto sopra riportato emerge come l’attività che sarebbe chiamato a svolgere l’istituto universitario qui intimato è diretta alla predisposizione di tutta la documentazione tecnico-istruttoria propedeutica alla redazione vera e propria degli strumenti urbanistici comunali: in sostanza, una attività che ricomprende sì anche una fase di studio e di ricerca ma in una misura che risulta strettamente riconducibile alla successiva e principale opera di consulenza e di supporto in favore degli uffici comunali competenti per materia.

In particolare, i gruppi di lavoro universitari fornirebbero supporto e consulenza agli uffici comunali e, per lo svolgimento di questa attività, tali gruppi sarebbero a loro volta integrati da un gruppo di giovani professionisti locali, ai sensi dell’art. 3 del contratto.

Ne deriva in conclusione che nel caso di specie è prevalente, se non esclusiva, l’attività diretta alla prestazione di servizi di consulenza tecnico-scientifica attinenti all’architettura e, in particolare, all’urbanistica (cfr. categoria 12 dell’allegato IIA del decreto legislativo n. 163 del 2006). Servizi che, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del ridetto codice degli appalti, sono espressamente sottoposti alle disposizioni in esso contenute e, in primo luogo, ai principi dell’evidenza pubblica.

Pertanto, se da un lato sussiste la violazione dei predetti principi, dall’altro lato è senz’altro presente l’interesse a ricorrere in capo all’odierno interessato, nella qualità di architetto iscritto all’ordine professionale di Lecce.

5.3. In terzo luogo, non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990 ma, piuttosto, tutti gli elementi idonei a qualificare il rapporto di cui si controverte – come del resto si è già detto – alla stregua di appalto di servizi.

5.3.1. In via preliminare, infatti, il citato art. 15 prefigura un modello convenzionale attraverso il quale le pubbliche amministrazioni coordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune (Cass. civ., 13 luglio 2006, n. 15893) in modo complementare e sinergico, ossia in forma di “reciproca collaborazione” e nell’obiettivo comune di fornire servizi “indistintamente a favore della collettività e gratuitamente” (cfr. TAR Liguria, sez. II, 30 ottobre 2008, n. 1925; Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1902).

Diversamente, nel caso di specie il rapporto è di tipo sinallagmatico, o meglio “a prestazioni corrispettive”: alla svolgimento della descritta attività di supporto e consulenza da parte dell’Università di Genova corrisponde infatti il versamento di un compenso, in favore della stessa, da parte del Comune di Lecce. Si consideri altresì, al riguardo, che la delibera oggetto di gravame afferma espressamente che le suddette convenzioni con gli istituti universitari costituiscono al momento la soluzione “economicamente più vantaggiosa per l’amministrazione”. Tale rapporto deve essere dunque qualificato, per quanto precede, alla stregua di contratto di appalto. D’altra parte, in nessuna parte della delibera o del contratto appare la dizione “accordo interamministrativo” ma soltanto, per l’appunto, quella di “contratto”.

In questa direzione, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente interpretato in senso restrittivo la disposizione di cui al citato art. 15, trattandosi di istituto in deroga al principio dell’evidenza pubblica (sul piano del diritto comunitario si veda peraltro la sentenza CGCE Commissione c. Spagna, 13 gennaio 2005, causa C-84/03, nella quale è stato assunto un orientamento negativo in merito al ricorso allo strumento degli accordi c.d. interamministrativi qualora i medesimi abbiano la stessa natura degli appalti pubblici). In altre parole, l’istituto dell’accordo interamministrativo non può essere utilizzato quale strumento di elusione della normativa in materia di evidenza pubblica.

In particolare è stato affermato che difetta l’interesse comune nell’accordo interamministrativo quando un’amministrazione ha inteso acquisire da un’altra amministrazione un servizio di proprio esclusivo interesse verso corrispettivo. Ciò che si verificherebbe proprio nella fattispecie, laddove l’Università di Genova, dietro compenso, si impegna a contribuire alla redazione di una serie di documenti di pianificazione urbanistiche che, all’esito della descritta attività, resteranno di esclusiva proprietà del Comune di Lecce.

La presenza di un corrispettivo è dunque da considerarsi quale elemento sintomatico della qualificazione dell’accordo alla stregua di appalto pubblico, da assoggettare alla relativa disciplina secondo le prescrizioni del codice degli appalti.

A tale conclusioni deve inoltre pervenirsi nella considerazione che è da ritenersi in ogni caso illegittimo il ricorso agli accordi in parola qualora essi siano in realtà diretti ad ottenere, come nella specie, prestazioni lavorative o professionali.

5.3.2. A completamento di quanto appena affermato, ritiene poi il collegio che ricorrano nella specie tutti gli elementi per qualificare correttamente il rapporto tra i due soggetti pubblici intimati alla stregua di appalto di servizi.

Si rammenta, al riguardo, che per appalto di servizi deve intendersi ogni contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra una amministrazione aggiudicatrice ed uno o più operatori economici avente per oggetto la prestazione di servizi come definiti dal codice dei contratti.

Nel caso di cui si controverte ricorrono, ad avviso del collegio, tutti gli elementi testè richiamati. Ed infatti:

a) il Comune di Lecce rientra senz’altro nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici;

b) l’accordo intercorso è “a titolo oneroso”, attesa la corresponsione di un compenso per l’attività svolta dalla Università di Genova;

c) l’attività svolta, per le considerazioni svolte al punto 5.2., rientra nella nozione codicistica di “prestazione di servizi” (di consulenza tecnica e scientifica attinenti all’architettura e in particolare all’urbanistica);

d) l’Università di Genova è da considerare alla stregua di “operatore economico”.

Con riguardo a quest’ultima affermazione, la Corte di Giustizia delle comunità europee (cfr. sentenza della quarta sezione del 23 dicembre 2009, resa nel procedimento C-305/08), ha in particolare affermato che: “le disposizioni della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di «operatore economico» e, dall’altro, non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito l’esclusione di enti come quello oggetto della causa principale” (che riguardava proprio un istituto universitario); “allo stesso modo, l’art. 1, n. 8, primo e secondo comma, di tale direttiva riconosce la qualità di «operatore economico» non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni «ente pubblico», nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di «ente pubblico» può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato” (punto n. 30); “dalle considerazioni che precedono risulta che il legislatore comunitario non ha inteso restringere la nozione di «operatore economico che offre servizi sul mercato» unicamente agli operatori che siano dotati di un’organizzazione d’impresa, né introdurre condizioni particolari atte a porre una limitazione a monte dell’accesso alle procedure di gara in base alla forma giuridica e all’organizzazione interna degli operatori economici” (punto n. 35).

Del resto, prosegue la stessa Corte, “uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile … e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto. Occorre aggiungere, in proposito, che siffatta apertura alla concorrenza più ampia possibile è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, bensì anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice considerata, la quale disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata” (punto n. 37).

Pertanto, “in tale ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, la Corte ha altresì statuito che la normativa comunitaria in materia è applicabile qualora il soggetto con cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice” (punto n. 38).

Di fondamentale rilievo è poi il passaggio in cui il giudice comunitario ritiene necessario “aggiungere che un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come «appalti pubblici», potrebbero essere aggiudicati in modo informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme” (punto n. 43).

Conclude lo stesso giudice comunitario, sul punto, affermando che “le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di «operatore economico», devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi”.

Alla luce di quanto sopra riportato, emerge dunque che le università possono ben essere qualificate quali soggetti di mercato, e in particolare alla stregua di operatori economici, in quanto tali abilitate a stipulare contratti di appalto (di servizi, come nella specie) con altre amministrazioni aggiudicatrici.

Ciò che si è verificato nella fattispecie, ma senza il rispetto, tuttavia, delle obbligatorie procedure di evidenza pubblica appositamente descritte nel richiamato codice degli appalti.

5.4. Per tutte le ragioni sin qui evidenziate il primo motivo di ricorso è dunque fondato.

6. Stante la fondatezza del primo motivo di ricorso, ritiene il collegio di non doversi soffermare anche sulla seconda delle censure sollevate.

7. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto. Per l’effetto va annullata la delibera di giunta in epigrafe indicata.

Sussistono in ogni caso giusti motivi, in ragione della complessità e della novità della questione esaminata, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 96/2010, lo accoglie e per l’effetto annulla la delibera della Giunta municipale del Comune di Lecce n. 439 del 16 luglio 2009.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 28/04/2010 con l’intervento dei Magistrati:

Luigi Viola, Presidente FF

Carlo Dibello, Primo Referendario

Massimo Santini, Referendario, Estensore

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

 

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