N. 07463/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00015/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15 del 2013, proposto da:
Soc David 2 Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Gilberto Nava, Edoardo Cagno, Filippo Pacciani, Valerio Mosca, con domicilio eletto presso Studio Legale Assoc Legance in Roma, via XX Settembre, 5;

contro

Autorita’ Garante Della Concorrenza e del Mercato – Antitrust, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Soc Vodafone Omnitel Nv, rappresentato e difeso dall’avv. Vittorio Minervini, con domicilio eletto presso Vittorio Minervini in Roma, via Dora, 1;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Codacons, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Rienzi, Gino Giuliano, con domicilio eletto presso Carlo Rienzi in Roma, v.le delle Milizie, 9;

per l’annullamento

– del provvedimento n. 23937 adottato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 3 ottobre 2012 e pubblicato sul bollettino n. 40 del 22 ottobre 2012, nell’ambito del procedimento di pratiche commerciali scorrette ps8285 – David 2 – spot superquiz servizi premium.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita’ Garante Della Concorrenza e del Mercato – Antitrust e di Soc Vodafone Omnitel Nv;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società David 2 S.p.a. (in seguito anche “David 2” o “la società”), odierna esponente, ha rappresentato quanto segue:

2. Con comunicazione del 6 settembre 2012, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito anche “AGCM “ o “Antitrust” oppure “Autorità”) informava David 2 dell’avvio di un procedimento istruttorio (PS/6948), ai sensi dell’art. 27, comma 3, del D.Lgs 206/2005 (“Codice del Consumo”), nonché dell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette (il Regolamento), avente ad oggetto talune condotte idonee ad integrare un’ipotesi di violazione degli articoli 20, 21, 22 e 26, lett. f) del Codice del Consumo.

2.1 Più specificamente, l’Autorità sosteneva che David 2 avesse posto in essere una pratica commerciale scorretta, fornendo servizi a sovrapprezzo consistenti nella diffusione di messaggi televisivi volti a promuovere l’attivazione di abbonamenti a contenuti a sovrapprezzo erogati dalla società David 2, attraverso la partecipazione dell’utente a concorsi settimanali con estrazioni di premi.

3. Congiuntamente alla Comunicazione di avvio del procedimento, veniva trasmesso a David 2 anche il provvedimento dell’Autorità n. 23870 del 6 settembre 2012, che ordinava al ricorrente la sospensione di ogni attività diretta alla promozione “con le suddette modalità” del servizio in abbonamento denominato “allyoucan”.

Sia nella Comunicazione di avvio che nel procedimento di sospensione l’Autorità ha evidenziato che la possibile violazione della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette deriverebbe dal fatto che lo spot tv di David 2 potrebbe “indurre il consumatore medio, nonché categorie di consumatori più vulnerabili (…) a ritenere, contrariamente al vero, che l’oggetto dell’iniziativa commerciale sia principalmente la partecipazione ad un concorso a premi denominato “SuperQuiz”. Al contrario, attraverso l’invio di un sms alla numerazione 48182 indicata nello spot televisivo, il consumatore aderisce al servizio in abbonamento denominato “allyoucan”, consistente nell’acquisto di prodotti multimediali al costo di 24,20 euro mensili, attraverso modalità di pagamento particolarmente pervasive basate sull’automatica decurtazione del credito telefonico del consumatore stesso”.

Con memoria trasmessa il 12 settembre 2012, la società formulava le proprie osservazioni sul provvedimento di avvio notificatole e forniva risposta alle informazioni ivi richieste eccependo, altresì, l’incompetenza dell’AGCM ad intervenire con riferimento alle pratiche commerciali contestate, richiamando le intervenute sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato dell’11 maggio 2012, nonché il regime giuridico settoriale applicabile alla fornitura dei servizi a sovrapprezzo.

4. Con provvedimento n. 23937 adottato il 3 ottobre 2012 (in seguito anche “Provvedimento”), l’Autorità confermava le misure cautelari precedentemente imposte.

5. Avverso il suddetto provvedimento David 2 ha proposto il ricorso in epigrafe, chiedendone l’annullamento per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

6. Nel presente giudizio si è costituita l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto nel merito.

7. Si è costituito in giudizio con intervento ad opponendum anche il Codacons deducendo in via preliminare la inammissibilità del ricorso proposto per mancata evocazione in giudizio dello stesso Codacons e, nel merito, il rigetto del ricorso.

8. Alla Pubblica Udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio rileva la infondatezza della eccezione di inammissibilità sollevata nell’atto di intervento ad opponendum avanzato dal Codacons.

Sotto tale profilo è sufficiente rilevare che se da un lato il Codacons ha un interesse ad intervenire nell’ambito del procedimento di cui al presente ricorso, non assume in alcun modo la qualifica di controinteressato in senso tecnico attesa la assenza, da un lato, dell’elemento formale rappresentato dall’indicazione espressa quale destinatario del soggetto in questione nell’atto impugnato o, comunque, dalla sua immediata rintracciabilità, e, dall’altro dell’elemento sostanziale rappresentato dalla sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, differenziato rispetto a quello del quisque de populo, e preordinato al mantenimento degli effetti dell’atto impugnato.

2. Nel merito il ricorso è fondato.

Osserva il Collegio che il primo motivo di impugnazione, in quanto teso ad accertare la stessa competenza dell’Autorità ad emanare il provvedimento sanzionatorio in materia, riveste carattere preliminare in quanto dirimente.

3. A tal proposito, appare pertinente il richiamo alle precedenti pronunce con le quali la Sezione, in altra fattispecie pure attinente al settore delle comunicazioni elettroniche, in piena adesione agli orientamenti espressi dall’Adunanza Plenaria n. 11 dell’11 maggio 2012, ha risolto in favore dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni la questione della individuazione dell’Autorità competente ad adottare provvedimenti sanzionatori in materia di tutela del consumatore nel settore all’odierna attenzione (Tar Lazio, I, 18 febbraio 2013, nn. 1742, 1752 e 1754).

3.1 L’Adunanza Plenaria si era determinata, non solo, in virtù del principio di specialità, nel senso dell’applicabilità della normativa di settore, di competenza dell’AgCom, anziché della disciplina generale recata dal Codice del Consumo, ma anche nel senso dell’intera riconduzione della fattispecie all’esame nell’ambito della anzidetta normativa settoriale, avendone verificato l’esaustività e la completezza in relazione al comportamento contestato all’operatore economico, per tale via pervenendo ad escludere anche un residuo campo di intervento di Antitrust.

Ed invero, il comportamento nella specie contestato appariva interamente ed esaustivamente disciplinato dalle norme di settore ed in particolare dall’art. 1 del d.l. n. 7 del 2007, convertito con modificazione.

3.2 Né, a giudizio del Supremo Consesso, poteva assumersi che la suddetta disciplina settoriale non coprisse tutte le possibili fattispecie di pratica commerciale scorretta, dovendosi invece negare il configurarsi di un rischio di lacune o deficit nella tutela del consumatore da parte dell’autorità di settore, tenuto conto, sia delle clausole generali contemplate nella disciplina di settore (“clausole che già di per sé consentono comunque di ritenere che non esistano aree non coperte dalla disciplina regolatoria”), sia, principalmente, della natura di rinvio dinamico “ad ogni altra disposizione di tutela del consumatore” del comma 6, dell’art. 70, del Codice delle Comunicazioni, che “garantisce la chiusura del sistema ed esclude a priori il rischio più volte paventato da Antitrust di possibili lacune della tutela stessa” (norma, peraltro, successivamente abrogata ad opera dell’art. 49, comma 1, lett. f), del d.lgs 28 maggio 2012, n. 70).

4. Il richiamo alle conclusioni dell’Adunanza Plenaria citata e alle conformi, successive decisioni della Sezione, rileva, nella specie, poiché anche nell’odierna controversia si contesta la competenza dell’AGCM ad emettere il provvedimento impugnato in applicazione della normativa generale del Codice del Consumo in materia di pratiche commerciali scorrette, invocandosi, per converso, l’esistenza di una normativa speciale nel settore delle comunicazioni elettroniche che attribuisce una competenza esclusiva all’AgCom, la quale pertanto dispone di significativi poteri sanzionatori, inibitori e conformativi nella tutela apprestata agli utenti dei servizi di comunicazione elettronica.

5. In particolare, il Provvedimento sanziona la pratica commerciale consistente nell’aver diffuso, tramite spot televisivi, messaggi pubblicitari finalizzati apparentemente a promuovere un concorso a premi, al quale, in realtà, i consumatori potevano partecipare solo a seguito di abbonamento ad un servizio premium denominato “allyoucan”.

La condotta contestata veniva giudicata contraria all’art. 20, commi 2 e 3, del Codice del Consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare il comportamento del consumatore medio cui essa è destinata

6. Orbene, analogamente a quanto considerato nei richiamati precedenti giurisprudenziali, il Collegio non può non rilevare che, con la impugnata delibera, l’AGCM è andata a sanzionare condotte la cui repressione, in virtù di specifiche disposizioni normative, è dall’ordinamento affidata ad altro soggetto pubblico, ossia l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; conclusione, questa, che può essere tenuta ferma pur dopo l’intervento normativo operato nel settore dall’art. 23, comma 12-quinquiesdecies, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge n. 7 agosto 2012, n. 135.

7. E, invero – pur nella diversità dei comportamenti rispettivamente in rilievo – risulta evidente come, anche nel presente caso sussista una normativa settoriale cui esaustivamente ricondurre il comportamento contestato all’operatore economico.

7.1 In via generale, gli artt. 4 e 13, e la Sezione III del Capo IV (dedicata specificamente ai “diritti degli utenti”) del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, stabiliscono che la tutela del consumatore rientra a pieno titolo tra i fini istituzionali dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e tanto, in coerenza con quanto previsto dalle leggi 481/1995 e 40/2007, ove si affida, espressamente ed esclusivamente, all’AgCom l’attuazione delle disposizioni, anche primarie, che concernono il settore di competenza.

7.2 Nello specifico, in primario e dirimente rilievo si pongono: – il D.M. n. 145/2006 (Regolamento recante la disciplina dei servizi a sovrapprezzo adottato in attuazione dell’art. 1, comma 25, del D.L. 545/96, convertito, con modificazioni, in legge n. 650/96 -“Regolamento”); – le delibere AgCom relative al c.d. Piano Nazionale delle Numerazioni, attualmente disciplinato dalla Delibera 26/08/CIR, quale modificata ed integrata dalla recente Delibera 52/12/CIR (“Delibera sul PNN”).

7.2.1 Il Regolamento definisce, nell’ambito dei servizi di comunicazione elettronica, la nozione di servizi a sovrapprezzo (art. 1, comma 1, lett. h), connotandoli come “servizi forniti attraverso reti di comunicazione elettronica, accessibili al pubblico, anche mediante l’uso di specifiche numerazioni, definite nel piano nazionale di numerazione, o a livello internazionale dagli appositi organismi che consentono l’accesso degli utenti ad informazioni o prestazioni a pagamento”; tra tali servizi si annoverano anche quelli “offerti [ …] mediante invio di messaggi di testo o dati quali, ad es., SMS o MMS, su base di singola richiesta ovvero in modalità di ricezione periodica (modalità «push») a seguito di sottoscrizione di uno specifico contratto” (che concretano la tipologia di servizi offerti da Buongiorno e oggetto di contestazione nel Provvedimento).

Il Regolamento individua poi i soggetti interessati alla fornitura dei servizi di comunicazione elettronica (art. 1, comma 1, lett. f, g e l); in particolare, trovano caratterizzazione i seguenti soggetti: – il centro servizi, vale a dire, “la persona fisica o giuridica che, con l’utilizzo di opportuni apparati, consente all’utente finale di accedere ad informazioni o prestazioni distribuite mediante le reti di comunicazione elettronica”; – l’operatore titolare della numerazione, ossia “l’operatore o fornitore di servizi Internet che ha ottenuto dal Ministero delle comunicazioni il diritto d’uso della numerazione”; – il fornitore di servizi di comunicazione elettronica, cioè “il soggetto che rende accessibili al pubblico, attraverso una rete di comunicazione elettronica, servizi di comunicazione elettronica.

Il Regolamento disciplina quindi tipologia e contenuto dei servizi offerti (art. 3), modalità di attivazione ed erogazione dei servizi, condizioni economiche dell’offerta, compiti e responsabilità dei soggetti coinvolti nella fornitura dei servizi (artt. 16-20).

Nell’ambito del capo VI, recante disposizioni in materia di pubblicità, risulta di interesse l’art. 23, per il quale ” La Pubblicità […] non deve indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente. Essa evita ambiguità ed omissioni che possano indurre in errore l’utente finale riguardo alle caratteristiche ed al prezzo del servizio a sovrapprezzo”, altresì precisando che, qualunque sia il mezzo utilizzato, la pubblicità deve indicare in modo esplicito e chiaramente leggibile, tra l’altro, la natura del servizio a sovrapprezzo, la durata massima e gli eventuali divieti previsti per i minori nonché il costo del servizio, minutario o forfetario, comprensivo di IVA.

Seguono infine previsioni sulla vigilanza ed il controllo, presidiate da un apposito apparato sanzionatorio.

7.2.2 Quanto al Piano Nazionale delle Numerazioni (“PNN”), adottato sulla base dell’art. 15 del Codice delle Comunicazioni (che traspone l’art.10 della Direttiva 2002/21/CE), esso disciplina anche le c.d. numerazioni non geografiche (art. 1, lett. f, della delibera 26/08/CIR, come integrata da 52/12/CIR), come la ‘decade 4’ di cui al Provvedimento, utilizzate per la fornitura dei servizi a sovrapprezzo.

Ai fini che ne occupano, viene in rilievo l’art. 3 della Delibera sul PNN, che individua obblighi, divieti e responsabilità dei soggetti titolari di diritti d’uso di numerazione (nel Provvedimento, Service provider -“SP”, qualifica attribuita a Vodafone) nonché dei soggetti che offrono i servizi sulle numerazioni messe a disposizione dai primi (nel Provvedimento, Content Service provider -“SP”, qualifica attribuita a David 2), e contempla altresì regole specifiche finalizzate anche ad obiettivi di tutela dell’utenza.

Con specifico riguardo alla “decade 4”, numerazione adottata per la fornitura di servizi a soprapprezzo in modalità SMS/MMS e trasmissione dati, l’art. 22, comma 6, della Delibera sul PNN impone agli operatori ed ai fornitori di contenuti di sottoscrivere “un codice di autoregolamentazione che, oltre a prevedere le necessarie tutele a favore dell’utenza, includa anche la definizione uniforme e comune tra i vari operatori di prassi per l’informazione sui prezzi dei servizi, sulle modalità di attivazione e disattivazione dei servizi stessi e della prestazione di blocco delle comunicazioni”.

Infine, il successivo art. 24 della Delibera precisa che “L’utilizzo delle numerazioni per servizi a sovrapprezzo è soggetta al rispetto della normativa vigente in tema di offerta servizi a sovrapprezzo” (con ciò rinviando al Regolamento sopra descritto), nonché alla normativa vigente in materia di blocco selettivo di chiamata”, sempre di competenza di AgCom.

8. Dall’analisi delle fonti normative in rassegna risulta che, per la fattispecie all’odierno esame, la disciplina nel settore delle comunicazioni elettroniche, attualmente contemplata dal Regolamento e dalla Delibera sul PNN, è articolata, esauriente ed assistita da un robusto e specifico apparato di accertamento e sanzionatorio, la cui gestione e affidata ad organi all’uopo preposti, segnatamente l’AgCom. E’ a tale plesso normativo che occorre dunque fare riferimento per verificare, anche per il profilo della tutela consumeristica, la correttezza del comportamento dei soggetti a vario titolo intervenuti nella commercializzazione dei cd. servizi a sovrapprezzo.

9. A una siffatta conclusione non osta la recente disposizione, di cui all’art. 23, comma 12-quinquiesdecies del D.L. n. 95/12 (convertito dalla legge n. 135/12), secondo la quale, la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ad accertare e sanzionare le violazioni delle norme in materia di pratiche commerciali scorrette è esclusa unicamente nel caso in cui “le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati”.

Invero, tutte le tre condizioni elencate nella citata previsione risultano soddisfatte dalla descritta disciplina dei cd. servizi a sovrapprezzo, essendo tale disciplina settoriale di diretta derivazione europea, orientata alla tutela dei consumatori, e affidata nella concreta applicazione all’AgCom, dotata di poteri inibitori e sanzionatori.

In particolare, il requisito della diretta derivazione comunitaria ricorre sia rispetto al PNN, adottato sulla base dell’art. 15 del Codice delle Comunicazioni elettroniche il quale, a sua volta, ha trasposto l’art.10 della Direttiva 2002/21/CE; sia riguardo al Regolamento che, come recita nelle premesse, reca “norme specifiche a tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico, ed in particolare a tutela degli utenti in genere e soprattutto dei minori, in ordine alla fornitura di servizi di telecomunicazioni, inclusi quelli a sovrapprezzo, tenuto conto della peculiarità di ciascuna piattaforma tecnologica”, “sulla scorta dei principi affermati nelle direttive europee”, ed è stato adottato dopo aver “Acquisito il parere della Commissione europea”.

10. Le considerazioni complessivamente svolte consentono, a parere del Collegio, di risolvere in favore dell’AgCom il conflitto di competenza in discussione e di decretare la conseguente esclusione dell’applicazione delle norme generali del Codice del consumo alla condotta in esame, essendo la suddetta Autorità preposta alla cura e alla salvaguardia dell’interesse pubblico primario della tutela del consumatore nel settore specifico delle comunicazioni elettroniche; e tanto, sulla base di fonti normative che, da un lato, inequivocabilmente le conferiscono competenza esclusiva in materia, dall’altro ne disciplinano in dettaglio i poteri di intervento

Ed, invero, il “principio di specialità” – come richiamato dalla citata Adunanza Plenaria e sancito nell’articolo 19 del Codice del Consumo – comporta che ” .. . la disciplina generale delle pratiche commerciali scorrette non possa trovare applicazione quando sussista una disciplina speciale di settore che non si limiti a regolare puntualmente e compiutamente il contenuto degli obblighi di correttezza, sotto il profilo informativo e di condotta, in una specifica materia, ma definisca anche i relativi poteri ispettivi, inibitori e sanzionatori, attribuendoli ad una Autorità settoriale” (Consiglio di Stato, parere della Sez. I, n. 3999/2008).

D’altra parte, nel caso all’esame un ipotetico vuoto di tutela del consumatore è escluso anche dalla circostanza che AgCom ha esercitato in concreto le proprie prerogative, aprendo un procedimento istruttorio, parallelo e distinto rispetto a quello avviato da Antitrust, avente ad oggetto una serie di profili attinenti alle pratiche imprenditoriali in questione.

11. Per le considerazioni complessivamente svolte il primo motivo di ricorso è fondato e pertanto, assorbita ogni altra censura e deduzione, il gravame deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

12. Per la novità e difficoltà delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Angelo Gabbricci, Consigliere

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore