LE RILEVANTI NOVITA’ CONTENUTE NEL TERZO DECRETO CORRETTIVO AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI IN MATERIA DI PROCEDURE DEL PROJECT FINANCING

 

Prof. Avv. Carlo Malinconico

Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università Tor Vergata di Roma

 

Sommario: 1. Il project financing: premessa. 2. Il project financing nella nuova disciplina. 2.1. I procedimenti ad iniziativa pubblica. 2.1.1. La gara unica. 2.1.2. La gara doppia. 2.2. I procedimenti ad iniziativa privata. 2.2.1. La procedura relativa a lavori inseriti nella programmazione. 2.2.2. La procedura relativa a lavori non inseriti nella programmazione.

 

1.  Il project financing: premessa.

Il Capo Terzo del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) disciplina agli articoli 152-160 l’istituto del project financing.

Tale disciplina è stata oggetto di successive modifiche, dapprima con il decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 113 (c.d. Secondo decreto correttivo al Codice), di recente con il c.d. Terzo decreto correttivo al Codice.

Ad integrazione di tale disciplina, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ha adottato tre distinte determinazioni al fine di dettare delle linee guida per la corretta applicazione degli articoli 152 e seguenti in materia di finanza di progetto: la determinazione n. 1 del 14 gennaio 2009, recante “Linee guida sulla finanza di progetto dopo l’entrata in vigore del c.d. “Terzo correttivo”, la determinazione n. 3 del 20 maggio 2009, recante “Procedure di cui all’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici: linee guida per i documenti di gara” e la determinazione n. 4 del 20 maggio 2009, recante “Linee guida per l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle procedure previste dall’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici”.

La figura del project financing era stata originariamente introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 11 della legge 18 novembre 1998 n. 415 (c.d. “Merloni-ter”), avente ad oggetto la “realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione”, che aveva innestato nel corpo della legge n. 109 del 1994 le disposizioni di cui dagli articoli 37-bis a 37-nonies 

La disciplina era stata integrata dal D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554.

A seguito dell’entrata in vigore del Codice, le cui originarie disposizioni ricalcavano in sostanza la precedente normativa, si è reso necessario apportare delle modifiche in relazione all’applicazione concreta dell’istituto.

Lo scopo del project financing è quello di dare nuovo impulso al settore delle opere pubbliche attraverso il ricorso a capitali privati.

Secondo la definizione più diffusa, infatti, il project financing è “un’operazione di finanziamento di una particolare unità economica, nella quale un finanziatore fa affidamento, sin dallo stadio iniziale, sul flusso di cassa e sugli utili dell’unità economica in oggetto, come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso del prestito e le attività dell’unità economica come garanzia collaterale del prestito”[1].

Dalla definizione emerge la prima peculiarità di questo istituto: l’attenzione degli investitori è focalizzata sul progetto piuttosto che sull’impresa che dovrà realizzarlo.

Questa diversa ottica nella valutazione di un investimento si discosta notevolmente da quella tradizionale. Finora le operazioni di finanziamento si sono fondate su una valutazione della solidità economico-finanziaria dell’impresa alle quali dovevano essere concessi i finanziamenti, sulla esperienza da questa maturata nel proprio settore, sulle garanzie di serietà che può offrire.

Un’operazione di project financing, invece, richiede valutazioni diverse e molto più complesse poiché la remunerazione dell’investimento dovrà derivare dal flusso di cassa (c.d. cash flow) e dagli utili delle unità economiche. Ciò rende necessario l’esame delle prospettive reddituali che il progetto offre, sulla base di studi di fattibilità e proiezioni a medio-lungo termine.

Emerge, pertanto, che il project financing è molto più che una semplice tecnica di finanziamento. Si tratta piuttosto di un metodo di realizzazione di progetti infrastrutturali di ampia portata, finora prerogativa esclusiva dello Stato.

Sotto il profilo giuridico il project financing non è riassumibile in una categoria contrattuale tipica. E’ uno schema multi-contrattuale, diffuso nella prassi del commercio internazionale, costituito da una sommatoria di singoli contratti (di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica, di appalto, di finanziamento, di garanzia, di società, ecc.). Si è in presenza di un fenomeno contrattuale globale inteso come un mezzo per gestire e ripartire il rischio connesso al progetto fra i soggetti coinvolti nell’iniziativa. L’istituto, quindi, non può essere letto in chiave atomistica, ma quale risultato del collegamento negoziale fra molteplici rapporti giuridici in cui gli interessi, gli obblighi e le responsabilità rendono difficile qualificare come terzo uno dei soggetti partecipanti all’iniziativa rispetto alle prestazioni rese dagli altri soggetti coinvolti[2].

In particolare, tra i rapporti contrattuali che caratterizzano l’istituto in esame, assume sicuramente rilievo la concessione di costruzione e gestione dell’opera. Tale strumento utilizzato per la realizzazione di opere pubbliche diventa uno degli elementi della operazione di project financing che la ingloba in sé.

Ciò che distingue il project financing dalla figura tradizionale della concessione di costruzione e gestione sono gli aspetti a monte e a valle della concessione: a monte, la presenza di una pluralità di finanziatori e di garanti; a valle, la costituzione di un’unica entità economica per la gestione dell’opera, ferme restando le garanzie prestate, e, allo stesso tempo, la ripartizione dei rendimenti tra i vari soggetti coinvolti.

 

2. Il project financing nella nuova disciplina.

I decreti correttivi al Codice sono stati emanati in attuazione dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005 n. 62, che consente l’emanazione di disposioni correttive ed integrative del Codice entro due anni dalla data di entrata in vigore dello stesso.

In modo particolare, l’articolo 1, comma 1, lettere ee), ff), gg), del c.d. Terzo decreto correttivo, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell’istituto in esame, modificando l’articolo 153 ed abrogando gli articoli 154 e 155.

Il novellato articolo 153 è rubricato “Finanza di progetto”: esso contiene la disciplina globale delle procedure da seguire per l’affidamento mediante concessione della realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità  finanziabili in tutto o in parte con capitali privati.

Alla base di detto intervento normativo di riforma dell’istituto del project financing si palesano due ordini di ragioni.

Innanzitutto, il legislatore ha dovuto rispondere ed adeguarsi alle osservazioni della Commissione europea formulate a seguito dell’apertura di una procedura di infrazione contro lo Stato italiano, con la quale l’Istituzione comunitaria aveva contestato l’attribuzione del diritto di prelazione al promotore. Eliminato con il c.d. Secondo decreto correttivo, il diritto di prelazione è stato reinserito, ma esso si applica in maniera molto meno incisiva rispetto alla disciplina originaria del Codice.

Inoltre, si è reso opportuno assecondare le esigenze di semplificazione della procedura segnalate dagli operatori del settore che hanno giudicato eccessivamente lungo un procedimento articolato in vari subprocedimenti. Le nuove norme, quindi, prevedono diverse procedure più snelle e, comunque, tutte alternative tra loro.

2.1.      I procedimenti ad iniziativa pubblica.

 Con il c.d. Terzo decreto correttivo al Codice sono state introdotte quattro procedure, due ad iniziativa pubblica e due ad iniziativa privata.

I due procedimenti ad iniziativa pubblica sono disciplinati dall’articolo 153, commi da 1 a 15, del Codice. Esse si distinguono a seconda che l’aggiudicazione della concessione avvenga mediante un’unica gara, ovvero a mezzo di due distinte procedure selettive.

2.1.1. La  gara unica.

 La prima procedura, che trova la propria disciplina nei commi da 1 a 14,  consente di scegliere il concessionario sulla base di una sola gara. Tale procedura, a sua volta, risulta alternativa rispetto all’affidamento della realizzazione del lavoro mediante concessione ai sensi dell’articolo 143 del Codice.

Al riguardo, occorre ricordare che il Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, nel parere reso il 14 luglio 2008 sullo schema del c.d. Terzo decreto correttivo, aveva osservato che “la norma sul project financing così come concepita finisce con l’essere un inutile duplicato dell’istituto della concessione, di cui al Capo II del Codice. Le uniche differenze che rimangono, infatti, attengono all’oggetto dell’offerta – che nella concessione comprende il progetto definitivo e qui il preliminare – e alla possibilità del promotore di chiedere l’inserimento di un nuovo intervento nel programma.

Entrambi sono discutibili e in particolare la seconda comporta pericolose interferenze con quelle attività di programmazione che è bene rimanga prerogativa delle P.A.”.

Poiché l’istituto non è previsto nelle direttive comunitarie, il Consiglio di Stato aveva invitato l’amministrazione “a prendere seriamente in considerazione la possibilità di sopprimerlo”.

Ciò premesso, per l’attivazione della procedura è necessario che il lavoro pubblico o di pubblica utilità da eseguire sia stato inserito nella programmazione triennale e nell’elenco annuale di cui all’articolo 128 del Codice, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione, e che sia finanziabile in tutto o in parte con capitali privati.

Per tali lavori, l’amministrazione aggiudicatrice deve provvedere a pubblicare un bando e un disciplinare di gara ponendo alla loro base uno studio di fattibilità.

Con riferimento alla procedura con gara unica, deve sottolinearsi che non vi sono indicazioni normative sull’utilizzo della procedura aperta o ristretta. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nella determinazione n. 1 del 14 gennaio 2009, ha chiarito che suppliscono gli articoli 114 del Codice, che prevede l’esperibilità di entrambe le procedure per l’aggiudicazione della concessione di lavori pubblici, e 55, comma 2, del Codice, alla stregua del quale le amministrazioni aggiudicatrici devono utilizzare di preferenza la procedura ristretta quando il contratto non ha ad oggetto la sola esecuzione, o quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il bando, redatto secondo lo schema di bando per le concessioni di cui all’allegato IX B del Codice, deve indicare i criteri di valutazione delle proposte secondo l’ordine di importanza loro attribuito. Deve, inoltre, prevedere che: “a) l’amministrazione aggiudicatrice ha la possibilità di richiedere al promotore prescelto di apportare al progetto preliminare, da esso presentato, le modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto e che in tal caso la concessione è aggiudicata al promotore solo successivamente all’accettazione, da parte di quest’ultimo, delle modifiche progettuali nonché del conseguente eventuale adeguamento del piano economico–finanziario; b) che, in caso di mancata accettazione da parte del promotore di apportare modifiche al progetto preliminare, l’amministrazione ha facoltà di chiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche da apportare al progetto preliminare presentato dal promotore alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso”.

In merito ai contenuti obbligatori del bando di gara, l’Autorità, nella citata determinazione n. 1 del 2009, ha chiarito che “qualora non siano già parte dello studio di fattibilità, ad esso vadano allegati, quanto meno:

a)      per gli interventi portuali:

1)      gli stralci dello strumento di pianificazione paesaggistico-territoriale e del piano urbanistico, generale o attuativo delle aree interessate dall’intervento;

2)      le planimetrie delle aree interessate dall’intervento, con le indicazioni delle curve di livello, in scala non inferiore ad 1:2.000;

3)      tutte le informazioni, in possesso dell’amministrazione concedente, inerenti i vincoli e le caratteristiche archeologiche, geologiche, geotecniche, idrologiche, idrauliche e sismiche delle aree interessate dall’intervento, integrative o aggiuntive di quelle già contenute nello studio di fattibilità, o, comunque, indicazioni concernenti la loro reperibilità;

b)      per gli interventi a rete:

1)      corografia generale, contenente l’andamento planimetrico delle aree interessate dall’intervento, in scala non inferiore a 1:25.000;

2)      gli stralci dello strumento di pianificazione paesaggistico-territoriale e del piano urbanistico, generale o attuativo delle aree interessate dall’intervento, contenente le curve di livelli, in scala non inferiore a 1:5.000;

3)      tutte le informazioni, in possesso dell’amministrazione concedente, inerenti i vincoli e le caratteristiche archeologiche, geologiche, geotecniche, idrologiche, idrauliche e sismiche delle aree interessate dall’intervento, integrative o aggiuntive di quelle già contenute nello studio di fattibilità o, comunque, indicazioni concernenti la loro reperibilità”.

Il disciplinare di gara deve indicare, invece, l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire, in modo da consentire che le proposte siano presentate secondo presupposti omogenei.

Ad avviso dell’Autorità è opportuno che il disciplinare di gara prescriva, altresì, che:

a) il progetto preliminare, presentato dai concorrenti, sia composto, in attesa di quanto stabilirà il regolamento, dagli elaborati indicati nella sezione I dell’allegato tecnico XXI al Codice, ovvero una diversa indicazione derivante dalla decisione assunta dal responsabile del procedimento ai sensi dell’articolo 1, comma 2, dell’allegato medesimo;

b) il progetto preliminare sia corredato:

1) dal computo metrico estimativo dell’intervento, redatto applicando alle quantità alle diverse lavorazioni previste nel progetto i relativi prezzi unitari;

2) dall’elenco dei prezzi unitari applicati, che possono essere sia quelli dedotti dai vigenti prezziari dell’amministrazione concedente, sia quelli determinati con apposite analisi, redatte secondo quanto previsto dall’articolo 34, comma 2, del D.P.R. n. 554 del 1999;

3) da un capitolato prestazionale che contenga, oltre a quanto previsto dall’articolo 7 dell’allegato XXI del Codice, tutto quanto non sia pienamente deducibile dagli elaborati grafici;

c) qualora in sede di approvazione del progetto dovessero essere prescritte varianti, modifiche o integrazioni, i relativi costi saranno determinati applicando i prezzi unitari previsti nel prezziario vigente a disposizione dell’amministrazione concedente; quelli non previsti saranno determinati con apposite analisi, redatte secondo quanto previsto dall’articolo 34, comma 2, del D.P.R. n. 554 del 1999;

d) l’adeguamento del piano economico-finanziario e dei connessi elementi costituenti la struttura economica e gestionale della concessione saranno effettuati in base ai maggiori costi derivanti dalle eventuali modifiche o integrazioni progettuali.

Soggetti legittimati a partecipare a tale procedura concorsuale sono tutti quelli in possesso dei requisiti di qualificazione necessari per il concessionario, anche associando o consorziando altri soggetti,  restando fermi i requisiti di capacità generale di cui all’articolo 38 del Codice.

La disciplina non indica più il termine di presentazione delle offerte. A tal riguardo, l’Autorità chiarisce che la fissazione dello stesso rientra nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, nel rispetto dei limiti previsti dall’articolo 70 e dall’articolo 145 del Codice, fermo restando il principio generale di cui al comma 1 del medesimo articolo 70, che prescrive alle amministrazioni di tenere conto della complessità della prestazione oggetto del contratto e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte (determinazione n. 1 del 2009).

Le offerte devono contenere un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da una banca e l’indicazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.

Elemento centrale dell’offerta è il progetto preliminare che, pur non essendo espressione di un livello non dettagliato di progettazione di un opera, è comunque sufficientemente completo da permettere all’amministrazione, unito agli altri elementi richiesti,  di esprimere una valutazione sull’intervento da realizzare.

Con la bozza di convenzione il privato può concorrere alla definizione dei comportamenti per la realizzazione del progetto: si tratta dello schema delle obbligazioni alle quali saranno vincolati i soggetti nell’esecuzione del rapporto.

Il piano economico-finanziario contiene una stima dei costi, dei tempi di realizzazione, dei rischi di mercato, valuta le forme di finanziamento possibili evidenziando quelle ritenute più adeguate e la redditività attesa della gestione imprenditoriale. Il piano economico-finanziario deve inoltre essere accompagnato, a differenza che in passato, da una asseverazione che può essere rilasciata solo da una banca. Pur non costituendo impegno giuridico al futuro investimento, l’asseverazione bancaria può comunque creare in capo all’offerente una legittima aspettativa al finanziamento, che potrebbe fondare, nel caso in cui il finanziamento non sia ottenuto, una responsabilità di natura civilistica. L’Autorità ha precisato che l’asseverazione bancaria rappresenta “esercizio di una funzione pubblicistica mediante la quale si accerta, in luogo dell’amministrazione, la coerenza del piano economico finanziario”. Mancando l’asseverazione, la proposta difetta di una parte fondamentale e dovrà essere dichiarata inammissibile non potendo essere ritenuta di pubblico interesse[3].

Per quel che attiene, in particolare, il piano economico-finanziario, l’Autorità, nella determinazione n. 1 del 2009, ha precisato che “esso deve prevedere la specificazione del valore residuo dell’investimento, al netto dei previsti ammortamenti annuali, nonché l’eventuale valore residuo non ammortizzato al termine della concessione, qualora il piano non abbia previsto l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione dei servizi. Quest’ipotesi si verifica nel caso in cui il livello delle tariffe a carico dell’utenza ed il livello presunto della domanda dei servizi non siano sufficienti a coprire l’ammortamento dell’intero investimento, nel periodo di concessione previsto. In tal caso, alla fine di tale periodo, l’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del menzionato articolo 143, comma 7, dovrà corrispondere al concessionario il valore residuo nell’entità indicata nel contratto di concessione. Comunque, sia nel caso in cui si preveda un ammortamento totale, che parziale dell’investimento, l’importo degli ammortamenti indicato nel piano economico-finanziario deve essere determinato in base al livello della tariffa da praticare all’utenza, o dei canoni da riscuotere dall’amministrazione (…), in base alla presunta dimensione del bacino di utenza e della domanda di servizio”.

Per quel che attiene, invece, i contenuti dell’asseverazione del piano economico-finanziario, l’articolo 153 del Codice rinvia alle emanande disposizione attuative. L’Autorità ha precisato che, nelle more dell’adozione del Regolamento attuativo del Codice, “si può fare riferimento agli Atti di regolazione dell’Autorità n. 34 del 18 luglio 2000 e n. 14 del 5 luglio 2001 nei quali è affermato che:

a) l’amministrazione aggiudicatrice, pur nell’assoluta autonomia della propria valutazione sulla proposta, assume le proprie determinazioni senza rivalutare il contenuto dell’asseverazione, ma utilizzando la stessa come uno degli elementi su cui basare le successive decisioni;

b) la verifica della congruità, che deve essere effettuata dalla banca, riguarda la struttura finanziaria dell’opera, nonché i costi ed i ricavi da valutarsi con riferimento a quegli elementi che, per essere relativi ad accertamenti di fatto posti in essere dall’impresa, debbano darsi per veri e congrui, non oggetto di possibile riesame, costituendo profili di scelta industriale propri dell’impresa stessa”.

L’asseverazione, quindi, è “il documento redatto da un istituto di credito (…) allo scopo di attestare la coerenza e l’equilibrio del piano economico-finanziario, la capacità del progetto di generare adeguati flussi di cassa, tali da garantire il rimborso del debito e la remunerazione del capitale di rischio e quindi la possibilità di realizzare l’opera pubblica con il ricorso al capitale privato” (determinazione n. 1 del 2009).

Le offerte sono corredate dalla garanzia di cui all’articolo 75 del Codice e da una ulteriore cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base della gara.

L’Autorità, nella determinazione n. 1 del 2009, ha precisato che la cauzione di cui all’articolo 75, comma 6, del Codice è volta a garantire “l’ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto nel caso in cui la proposta non necessiti di modifiche ed il promotore, che è ad essa vincolato, rifiuti la stipula”. La stessa Autorità ha precisato però che, nel caso in cui si apportino modifiche progettuali ed il promotore si avvalga della facoltà di non accettare l’aggiudicazione del contratto, l’amministrazione aggiudicatrice non è legittimata ad escutere tale cauzione.

Le amministrazioni valutano le offerte pervenute nei termini con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’articolo 83 del Codice. Oltre a quanto previsto dall’articolo 83 per il caso delle concessioni, l’esame delle proposte è esteso anche agli aspetti relativi alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario del piano e al contenuto della bozza di convenzione.

Con la determinazione n. 4 del 20 maggio 2009, l’Autorità ha approvato delle linee guida con le quali si forniscono puntuali indicazioni in merito agli aspetti giuridici ed operativi maggiormente problematici di tale criterio di aggiudicazione, allegando al documento un’analisi di alcuni metodi “multicriteri” per l’individuazione della migliore offerta ed, inoltre, un esempio concreto di applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ad una procedura di affidamento di una concessione.

L’Autorità, nella premessa a tale determinazione, ha messo in rilievo che la previsione legislativa dell’obbligo per le stazioni appaltanti di utilizzare, come criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa trova il proprio fondamento nel fatto che tale criterio “consente l’aggiudicazione dei contratti pubblici non tanto con una valutazione meramente quantitativo-economica, quanto con una complessa integrazione tra il dato economico, quello tecnico e quello qualitativo. (…) Tale criterio è caratterizzato da una maggiore flessibilità, che consente quindi, alle imprese partecipanti, di esprimere al meglio le proprie capacità innovative, incrementando in tal modo la loro concorrenzialità, anche dal punto di vista delle soluzioni offerte per soddisfare le esigenze perseguite dalle stazioni appaltanti”.

Qualora nel corso della gara vi sia una sola offerta, viene nominato promotore l’unico soggetto offerente. L’amministrazione aggiudicatrice pone in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore con l’indizione di apposita conferenza di servizi.

In tale fase, è onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto, nonché a tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ciò comporti alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario.

Se il promotore  accetta di eseguire tali modifiche, il contratto di concessione è stipulato con lo stesso; se il promotore rifiuta, l’amministrazione aggiudicatrice ha facoltà di chiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche da apportare al progetto preliminare presentato dal promotore alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso”.

In ogni caso, la stipulazione del contratto di concessione può avvenire solamente a seguito della conclusione, con esito positivo, della procedura di approvazione del progetto preliminare e dell’accettazione delle modifiche progettuali da parte del promotore, ovvero del diverso concorrente aggiudicatario.

L’articolo 153, comma 10, lettera c), del Codice fa riferimento a “modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto”.

L’Autorità ha sostenuto, nella già citata determinazione n. 1 del 2009, che la formulazione della norma non contempla la possibilità, per la stazione appaltante, di apportare, essa stessa, ulteriori modifiche, oltre a quelle richieste in sede di approvazione del progetto, nell’ambito della conferenza di servizi. L’Autorità, infatti, ha ritenuto che vada esteso alla “nuova” finanza di progetto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’amministrazione aggiudicatrice può apportare al progetto preliminare prescelto da porre a base di gara solo lievi modifiche, tali da non alterare il quadro finanziario proposto dal promotore, poiché il progetto non è modificabile nelle sue linee essenziali.

Qualora, poi, in sede di approvazione del progetto preliminare siano prescritte modifiche tali da determinare un aumento dei costi di realizzazione dell’intervento, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta alla verifica della sussistenza dei requisiti di qualificazione in capo al soggetto aggiudicatario preliminarmente alla stipula del contratto di concessione. L’Autorità ha specificato che, nel caso in cui sia richiesto che il promotore possegga requisiti ulteriori rispetto a quelli inizialmente richiesti, lo stesso possa integrare la propria compagine con nuovi soggetti che possano apportare tali requisiti ulteriori.

Qualora né il promotore né gli altri concorrenti accettino le modifiche proggettuali, si prospettano due alternative:

– l’amministrazione aggiudicatrice può decidere di interrompere la procedura e di non procedere alla stipula del contratto;

– l’amministrazione aggiudicatrice può decidere di acquisire il progetto preliminare, di modificarlo adeguandolo al piano economico-finanziario, di approvarlo e di indire una gara ai sensi dell’articolo 143 del Codice.

L’Autorità ha reputato preferibile la scelta, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, di tale seconda alternativa; tuttavia, appare necessario che la medesima amministrazione inserisca nel bando di gara una clausola con cui si riserva la facoltà di acquisire il progetto.

La nuova disciplina prevede anche un sistema di indennizzo. Nel caso in cui l’aggiudicazione avvenga in capo ad un soggetto diverso dal promotore, questo deve pagare al promotore stesso una somma che non può superare il 2,5 per cento del valore dell’investimento.

In ogni caso, il soggetto aggiudicatario è obbligato a prestare la cauzione definitiva. Inoltre, ai sensi dell’articolo 153. comma 13, ultimo periodo, “dalla data di inizio dell’esercizio del servizio, da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all’articolo 113; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale”.

2.1.2. La gara doppia.

 La seconda procedura ad iniziativa pubblica, disciplinata dall’articolo 153, comma 15, del Codice, prevede che l’amministrazione individui il concessionario mediante due distinte procedure concorsuali. La prima è preordinata alla selezione del promotore dal quale acquisire il progetto preliminare mentre la seconda alla scelta del concessionario, facendo salvo il diritto di prelazione del promotore.

In tal senso, la norma prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano pubblicare un bando precisando che la procedura non comporta l’aggiudicazione al promotore prescelto, ma l’attribuzione allo stesso del diritto di essere preferito al migliore offerente, ove il promotore prescelto intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa. Tale prima fase della procedura si svolge secondo le stesse modalità previste dalla gara unica.

Una volta che sia stato individuato il progetto, esso viene approvato a seguito di una conferenza dei servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990.

L’Autorità, nella determinazione n. 1 del 2009, ha chiarito che, qualora il progetto non necessiti di modifiche, l’amministrazione indice una gara ponendo a base di essa il progetto preliminare presentato dal promotore ed il piano economico-finanziario. Qualora, viceversa, il progetto necessiti di modifiche, l’amministrazione richiede al promotore di procedere, stabilendone anche i termini: a) alle modifiche progettuali prescritte in conferenza di servizi ai fini dell’approvazione del progetto; b) ad adeguare il piano economico-finanziario; c) a svolgere tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale. Secondo l’Autorità, “la predisposizione di tali modifiche e lo svolgimento di tali adempimenti in quanto onere, a norma di legge, del promotore non comportano alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute e indicate nel piano economico-finanziario per la predisposizione delle offerte”.

Il criterio da utilizzare per l’affidamento della concessione è sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Al termine di tale seconda fase della procedura può verificarsi che:

– non siano presentate offerte valutate economicamente più vantaggiose di quella del promotore: il contratto è aggiudicato a quest’ultimo;

– siano presentate una o più offerte valutate economicamente più vantaggiose di quelle del promotore: il promotore può, nel termine di quarantacinque giorni dalla data di comunicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, adeguare la propria offerta a quella valutata economicamente più vantaggiosa, aggiudicandosi, in tal modo, il contratto. In questo caso il miglior offerente viene indennizzato mediante il rimborso da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, a carico del promotore, delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, sempre nella misura massima del 2,5 per cento del valore dell’investimento;

– siano presentate offerte valutate economicamente più vantaggiose, ma il promotore non provveda all’adeguamento nel termine suindicato: aggiudicatario è il miglior offerente. Anche in questo caso è previsto un meccanismo di indennizzo del promotore: esso infatti ha diritto al rimborso delle spese, nella misura massima sopra indicata, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, ma a carico dell’aggiudicatario.

La nuova disciplina non prevede più che, all’esito della seconda fase della procedura, si svolga una procedura negoziata tra il promotore e i due migliori offerenti. Non sembra, pertanto, essere consentito al promotore presentare un’offerta di rilancio, ma rimane allo stesso il diritto di adeguare la propria proposta a quella ritenuta economicamente più vantaggiosa dall’amministrazione.

A tal riguardo, l’Autorità, nella già citata determinazione n. 1 del 2009, ha evidenziato che “onde evitare un possibile svantaggio competitivo determinato dalla impossibilità del promotore di mutare la propria offerta, in relazione alla tipologia dei criteri, si ritiene che, nella seconda gara, si debbano prevedere gli stessi parametri di valutazione delle offerte previsti per l’individuazione del promotore nella prima gara e la medesima ponderazione. Si ritiene, tuttavia, ammissibile limitare l’utilizzo dei criteri di valutazione ad alcuni soltanto tra quelli utilizzati nella prima gara: i pesi vanno modificati in proporzione, in modo da mantenere gli stessi rapporti previsti nella prima gara tra i criteri residui”.

In conclusione, deve rilevarsi come i due procedimenti ad iniziativa pubblica esaminati si discostino dalla previgente disciplina del project financing, avvicinandosi, invece, al modello comunitario di affidamento della concessione di lavori pubblici.

Parimenti, nella nuova disciplina il termine “promotore” sembra essere utilizzato in maniera impropria. In realtà, la procedura consiste in una vera e propria gara che si svolge sulla base di un bando e di un disciplinare, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e, dunque, secondo  regole proprie di una procedura ad evidenza pubblica. In conseguenza, il soggetto il cui progetto preliminare viene selezionato per la successiva approvazione può considerarsi alla stregua di un “aggiudicatario provvisorio”.

2.2. I procedimenti ad iniziativa privata.

I procedimenti ad iniziativa privata sono disciplinati dall’articolo 153, commi da 16 a 21, del Codice. Essi seguono due procedure diverse a seconda che la proposta presentata dal promotore sia o meno relativa a lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale di cui all’articolo 128 del Codice o negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione sulla base della normativa vigente.

2.2.1. La procedura relativa a lavori inseriti nella programmazione.

 Nel primo caso, legittimati a presentare le proposte sono gli stessi soggetti che possono prendere parte alle procedure ad iniziativa pubblica, perciò quelli indicati all’articolo 153, comma 8, del Codice.

Laddove siano decorsi sei mesi dall’approvazione dell’elenco annuale dei lavori pubblici senza che l’amministrazione interessata abbia proceduto alla pubblicazione dei bandi per l’attivazione dei procedimenti di finanza di progetto, questi ultimi possono essere avviati ad iniziativa privata mediante la presentazione di proposte entro il termine di decadenza di quattro mesi.

La proposta deve contenere un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico finanziario asseverato da una banca, nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.

Nella determinazione n. 1 del 2009, l’Autorità ha precisato che in tale procedura il privato ha diritto ad accedere allo studio di fattibilità predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, al fine di poter formulare la propria proposta.

Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di quattro mesi previsto per la presentazione delle proposte, le amministrazioni provvedono a pubblicare un avviso contenente i criteri in base ai quali si procede alla valutazione delle proposte pervenute e all’esame delle stesse nel termine di sei mesi dalla pubblicazione di detto avviso, all’esito del quale è individuata la proposta ritenuta di pubblico interesse.

L’Autorità ha chiarito che la previsione inerente la pubblicazione dell’avviso a seguito della presentazione delle proposte da parte dei soggetti privati debba essere intesa in senso cogente. Tuttavia, le proposte dei privati dovrebbero avere per oggetto la realizzazione di interventi per i quali la programmazione triennale preveda il concorso di capitali privati attraverso lo strumento della concessione. Ne deriva che presupposto per l’attivazione di tale procedura sia che l’amministrazione aggiudicatrice abbia già deliberato, nell’elenco annuale, l’utilizzo di una delle due procedure di affidamento previste dall’articolo 153, commi 1-14 e comma 15.

Conseguentemente, la procedura di cui al comma 16 dell’articolo 153 del Codice non è utilizzabile nel caso di inerzia riferita alla realizzazione di opere pubbliche mediante gli appalti tradizionali. Rimane, infatti, prerogativa dell’amministrazione aggiudicatrice scegliere di realizzare l’opera pubblica mediante un contratto di appalto ovvero di concessione e le priorità da assegnare a ciascun intervento programmato.

A seguito dell’individuazione del promotore, possono verificarsi più ipotesi alternative:

– se occorre la modifica del progetto preliminare, l’amministrazione può indire un dialogo competitivo ponendo a base di esso il progetto preliminare e la proposta dichiarata di pubblico interesse;

– se non occorre la modifica del progetto preliminare, l’amministrazione può procedere all’approvazione dello stesso e pubblicare un bando di gara per l’affidamento dei lavori in concessione ai sensi dell’articolo 143 del Codice, ponendo lo stesso progetto a base di gara ed invitando il promotore;

– se non occorre la modifica del progetto preliminare, l’amministrazione può procedere alla sua approvazione e indire sul progetto approvato una gara ai sensi del comma 15 dell’articolo 153 del Codice, lettere c), d), e) ed f), nel quale è riconosciuto al promotore il diritto di prelazione sugli altri soggetti partecipanti.

Il promotore che non risulti aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute con onere a carico dell’affidatario nella misura massima del 2,5 per cento del valore dell’investimento.

 2.2.2. La procedura relativa a lavori non inseriti nella programmazione.

 La seconda procedura ad iniziativa privata è disciplinata dall’articolo 153, commi da 19 a 20, del Codice.

Secondo la novella legislativa, i promotori possono presentare proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità anche laddove gli stessi non siano stati inseriti nella programmazione triennale o negli altri strumenti di programmazione di cui l’amministrazione può dotarsi. In tale circostanza, è necessario che la proposta consista in uno studio di fattibilità che, se ritenuto di pubblico interesse, può anche essere adottato dalla stessa amministrazione senza che ciò attribuisca il diritto a ricevere compenso alcuno per il promotore.

Per tale procedura, il legislatore ha ampliato il novero dei soggetti legittimati a presentare le proposte. Infatti, oltre ai soggetti in possesso dei requisiti del concessionario, sono legittimati:

– i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento, nonché i soggetti di cui all’articolo 34 del Codice e quindi:

– gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative;

– i consorzi tra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909 n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947 n. 1577, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985 n. 433;

– i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all’articolo 36 del Codice;

– i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti precedentemente indicati, i quali, prima della presentazione dell’offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l’offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti;

– i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 codice civile, costituiti tra i soggetti di cui ai primi tre punti, anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile;

– i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991 n. 240.

Sono inoltre legittimati i soggetti di cui all’articolo 90, comma 2, lettera b), del Codice e quindi:

– le società di ingegneria, da intendersi nella forma di società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile ovvero nella forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile che eseguono studi di fattività, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale.

Tutti i soggetti sopra elencati possono anche operare associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi.

Infine, l’articolo 153, comma 20, del Codice prevede che le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell’ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse perseguiti, possono presentare studi di fattibilità, ovvero aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma 1, ferma restando la loro autonomia decisionale.

Le amministrazioni valutano le proposte pervenute nel termine di sei mesi dal loro ricevimento e, laddove gli studi di fattibilità presentati siano ritenuti di pubblico interesse, si applicano le disposizioni sopra esaminate dell’articolo 153 del Codice in ordine alle altre tre diverse procedure di affidamento di concessione di costruzione e gestione.

Prof. Avv. Carlo Malinconico


[1] Cfr. p.k. nevitt (traduzione a cura di p. de sury), Project financing, in Riv. MILAN. ECONOM., 1987.

[2] Cfr. atto di regolazione n. 34 del 18 luglio 2000 dell’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici

[3] Cfr. atto di regolazione dell’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici n. 34 del 18 luglio 2000.